L’angoscia democratica

La democrazia porta qualche genere di giustizia ma fomenta l’angoscia, perché ingrandisce a dismisura la nebbia enorme di persone di cui facciamo parte. Sono sue le trovate difensive più fortunate: l’uomo che rompe le catene, sua rivolta, liberazione, ascesa verso un grande futuro, trionfo. Mentre procede però verso questo trionfo, la sensazione che ha di sé è di un essere sempre più meschino, avvilito della sua inesistenza; il corpo radiattivo agisce e non si fa vedere. Un’altra medicina, un altro rifugio, gabellati come avanzamento, evoluzione, redenzione, offre l’angoscia democratica diventata cosmica. Non pensiamo più all’individuo! Esso non conta nulla! Vuoi essere una morale, e invece è solo una difesa, molto debole, per temporeggiare con la disperazione. Sentendoci annientati individualmente, cerchiamo di riprendere un po’ di forza lasciando noi stessi per vivere incorporati nell’umanità come un tutto. Peggio di prima; non possiamo lasciare l’unico nostro bene, noi stessi, senza pianto. 

.. Il male si ha quando comincia la sensazione di bassezza, la nostra, arida e senza correttivi. È una morte spirituale, che conduce alla morte fisica. 

.. Si credono ciò che non sono, si danno fedi che non hanno; si attaccano ai surrogati, producono ricordi, attaccamenti estetici, finte speranze. Siamo, o sono (io non più) come gli alberi morti sui quali continuano a vivere alcune fronde verdi. 

GUIDO PIOVENE, Verità e menzogna (1975) 

 

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