Anton Čechov

ATTO PRIMO

[…]

LIUBA Ma è proprio vero che sono qui? (Ride) Avrei voglia di saltare, di battere le mani… No, che vergogna (Si copre il viso con le mani) O è tutto un sogno? Come amo la mia terra, con quanta tenerezza. Persino in treno, non riuscivo a guardar fuori dal finestrino senza mettermi a piangere. (Commossa) Beviamo questo caffè. Grazie, Firs mio, grazie che ti sei fatto trovare ancora vivo.

FIRS L’altro ieri.

GAIEV Ci sente poco.

LOPACHIN Adesso, stamattina, alle cinque, mi tocca partire per Charkov. Peccato!

Avrei voluto star qui a guardarla, a parlare… Lei è sempre così bella, così cara…

PISCIK (sospira profondamente) Più bella di una volta… E poi, vestita alla francese…

C’è da perdere la testa…

LOPACHIN Suo fratello, il signor Gaiev, qui, dice di me che sono un cafone, uno strozzino arricchito, ma a me non fa né caldo né freddo. Lo lascio dire… Ma lei invece, lei… vorrei che si fidasse di me, come prima, e che i suoi occhi così belli, così profondi, mi guardassero come una volta. Ma sì!… Mio padre era servo di suo nonno e di suo padre, ma voi – e lei soprattutto – avete fatto tanto per me che io ho dimenticato tutto, e le voglio bene come a un mio parente,…più che a un mio parente.

LIUBA Non riesco a star seduta, non ce la faccio dentro! (Scatta in piedi e cammina avanti e indietro con grande agitazione) Non sopravviverò a tanta gioia… Ridete pure di me, sono stupida, sciocca… e con questo? Il mio caro armadietto… (Bacia l’armadio) Il mio tavolinetto, le mie sedie…

[…]

LOPACHIN Avrei voglia di dirle una bella cosa, molto bella, e le farà piacere e le darà un po’ d’allegria. (Guarda l’orologio) Tra poco vado, e non si fa in tempo a parlarne… In due parole! Il 22 agosto, il giardino dei ciliegi va all’asta, per via dei debiti. Ma lei, cara, non deve preoccuparsi: dorma tranquilla, perché una via d’uscita c’è. Ecco il mio progetto, fate attenzione: la vostra proprietà è a soli venti chilometri dalla città, e la ferrovia ci passa proprio vicino. Se si prende il giardino dei ciliegi, e tutto il pezzo di terra lungo il fiume, e lo si divide in lotti, da affittare per costruirci dei villini, potete cavarne fuori almeno venticinque carte da mille all’anno.

GAIEV Scusi tanto, ma è un’idiozia!

LIUBA Non ho capito bene, Lopachin.

LOPACHIN Potete chiedere, ai villeggianti, un affitto di almeno venticinque rubli all’anno per ettaro, e se cominciate subito a fare un po’ di reclame, vi giuro su quel che volete che per quest’autunno non vi resta neanche un palmo di terra, tanto andrà via come il pane! Insomma, siete salvi, e io ne sono felice. La posizione è splendida. Il fiume è largo, profondo. Solo che certo, naturalmente, bisogna sistemare, ripulire… per esempio, diciamo così, buttare giù le vecchie costruzioni, questa casa che non serve più a niente, tagliare questo vecchio giardino dei ciliegi…

LIUBA Tagliare il giardino? Mio caro amico, scusi, ma lei non capisce proprio niente. Se in tutta la regione c’è qualcosa di interessante, o di importante addirittura, è proprio il nostro giardino dei ciliegi.

LOPACHIN D’importante, nel vostro giardino, c’è solo il fatto che è bello grande. Le ciliege le dà un anno sì e uno no, e poi non si sa neanche cosa farne, perché nessuno le compra più.

GAIEV Questo giardino è citato nel «Dizionario Enciclopedico».

LOPACHIN (guardando l’orologio) Comunque, se qui non si inventa qualcosa e non si arriva a una conclusione, il 22 agosto il giardino dei ciliegi e tutta la vostra proprietà vanno all’asta. Decidetevi! Altre soluzioni, niente! Non ce n’è!

[…]

LOPACHIN Una volta, in campagna, c’erano solo padroni e contadini, ma adesso incominciano a esserci anche i villeggianti. Tutte le città, anche le più piccole, ormai sono circondate da villette. E state sicuri che i villeggianti, entro vent’anni, aumenteranno in modo incredibile. Per adesso se ne stanno sulla veranda a prendere il tè, ma può darsi che un giorno o l’altro gli venga voglia di coltivarsi ciascuno il suo pezzetto di terra, ed ecco che allora il vostro giardino dei ciliegi sarà una fortuna, una miniera d’oro, un paradiso terrestre…

GAIEV (con indignazione) Che assurdità!

Entrano VARIA e IASCIA

VARIA Ci sono qui due telegrammi per lei, mamma. [(Sceglie una chiave dal mazzo e apre con uno scricchiolio il vecchio armadio)] Eccoli.

LIUBA Da Parigi. (Straccia i due telegrammi senza leggerli) È finita con Parigi.

GAIEV Ma tu, Liuba, lo sai quanti anni ha questo armadio? La settimana scorsa ho aperto il cassetto in basso, guardo e vedo una data scritta col fuoco. Questo armadio è stato fatto esattamente cento anni fa. Che te ne pare, eh? Non credi che varrebbe la pena di festeggiare il centenario? È un oggetto inanimato, d’accordo, ma in fin dei conti è stato sempre pieno di libri.

PISCIK (stupefatto) Cent’anni! Incredibile!

GAIEV Eh sì… È qualcosa… (Toccando l’armadio) Caro venerando armadio! Io celebro qui la tua esistenza che giusto cento anni or sono fu indirizzata ai luminosi ideali del bene e della giustizia; il tuo silenzioso appello al lavoro fecondo, lungi dall’affievolirsi nel corso di questi cent’anni, ha sempre tenuto vivo (Con commozione) nelle generazioni della nostra famiglia il coraggio, la fede in un avvenire migliore, nutrendo in noi tutti gli ideali della rettitudine e della coscienza sociale.

[…]

VARIA (piano) Ania si è addormentata. [(Apre piano una finestra)] Il sole è già spuntato, non fa niente freddo. Guardi, mamma, che splendore gli alberi! Dio mio, l’aria! Gli uccelli cantano!

GAIEV [(Apre l’altra finestra)] Il giardino è tutto bianco. Ricordi, Liuba? Il viale che corre dritto, dritto, come un nastro d’argento, splendente, sotto la luna. Ricordi, Liuba? Non hai dimenticato, Liuba?

LIUBA [(guarda in giardino, attraverso la finestra)] Oh, infanzia mia, innocenza mia! In questa stanza dormivo, di qui guardavo il giardino: era come adesso, bianco, tutto bianco, e la felicità si svegliava con me ogni mattina. (Ride di gioia) Oh, giardino mio! Dopo l’autunno, grigio, piovoso, dopo il gelo dell’inverno, eccoti di nuovo qui, giovane, allegro di nuovo: gli angeli del cielo non ti hanno abbandonato… Potessi togliermi dalle spalle e dal cuore questa pietra pesante! Riuscissi a dimenticare il mio passato!

GAIEV E invece, con la scusa dei debiti, il giardino andrà all’asta! Come è strano…

LIUBA Guarda, la povera mamma passeggia in giardino…è tutta vestita di bianco! (Ride di gioia) È lei.

GAIEV Dove?

VARIA Per l’amor del cielo, mamma.

LIUBA Non è lei, non c’è nessuno, mi ero sbagliata. A destra, alla curva, vicino al chiosco, un alberello bianco, piegato, sembrava una donna…

Entra TROFIMOV, con una logora divisa da studente, e con gli occhiali.

Dio che giardino meraviglioso! Tutte quelle macchie bianche di fiori, il cielo così azzurro…

[…]

ATTO SECONDO

[…]

ANIA Oggi qui è così bello!

TROFIMOV Si, è una bellissima giornata.

ANIA Che cosa hai fatto di me, Petia? Perché non amo più il giardino dei ciliegi come una volta? L’amavo con tanta tenerezza; mi sembrava che sulla terra non ci fosse luogo più bello del nostro giardino.

TROFIMOV Tutta la Russia è il nostro giardino. Il mondo è grande e stupendo, pieno di cose meravigliose. Ma pensa, Ania: tuo nonno, e il tuo bisnonno, e tutti i tuoi antenati erano dei padroni; padroni di anime vive. E non ti sembra allora che da ogni ciliegio del giardino, da ogni foglia, da ogni tronco degli esseri umani ti guardino? Non ti sembra di sentirne le voci? … Pensa: essere padroni di un essere umano… Per questo siete diventati quello che siete, quelli di una volta e quelli di adesso, al punto che tua madre, tuo zio, anche tu, nemmeno vi accorgete di vivere alle spalle degli altri, a spese di coloro cui non consentite nemmeno di varcare la soglia dell’anticamera. Noi siamo indietro di almeno duecento anni, non abbiamo nulla di concreto in mano, non abbiamo neanche un atteggiamento preciso nei riguardi del nostro passato, ci limitiamo a fare dei discorsi filosofici, a lamentarci della nostra pigrizia, a bere… Eppure è così chiaro che per cominciare a vivere nel presente dobbiamo innanzitutto riscattarci dal nostro passato, rinnegarlo per sempre. Ma arrivare a riscattarlo si può soltanto con la sofferenza, con una dedizione assoluta, con uno straordinario, continuo lavoro. Accorgitene, Ania.

ANIA La casa in cui viviamo, da molto tempo non è più nostra. E io me ne andrò via. Te lo giuro.

TROFIMOV Prendi il mazzo delle chiavi nelle tue mani, gettalo nel pozzo, e via! Sii libera, come il vento.

ANIA (rapita) Come l’hai detto bene!

TROFIMOV Credi a me, Ania, credimi! Io non ho ancora trent’anni, sono giovane, sono ancora uno studente, ma ho già sofferto tanto! Ogni inverno che viene mi trova affamato, ammalato, smarrito e solo come un mendicante, e dove mai non mi ha cacciato il destino, dove mai non sono stato! Eppure la mia anima, sempre, giorno e notte, è piena di inesprimibili presentimenti. Si, io sento la felicità futura, Ania, la vedo venire…

ANIA (assorta) Guarda la luna.

[Si sente la chitarra di Epichodov che suona la solita malinconica canzone.] Sorge la luna. Tra gli alberi, da qualche parte, Varia cerca Ania e chiama: «Ania, dove sei?»

TROFIMOV Si spunta la luna.

Pausa

Eccola, la felicità, ecco che viene, ecco che si fa sempre più vicina, sento già i suoi passi… E se anche noi non la vedremo, se non la toccheremo con la mano, cosa importa? La vedranno gli altri!

La voce di Varia: «Ania! Dove sei?»

Sempre Varia! (Con fastidio) È insopportabile!

ANIA Che ci importa? Andiamo al fiume. Là è più bello.

TROFIMOV Andiamo. (Escono)

La voce di Varia: «Ania! Ania!».

Sipario.

ATTO TERZO

[…]

TROFIMOV Che oggi il giardino lo si venda o no, cambia qualcosa? Per voi tutto questo è superato. Tornare indietro è impossibile: l’erba ha cancellato la strada. Si calmi, signora cara. Non bisogna farsi sempre illusioni. Bisogna, almeno una volta nella vita, guardare in faccia la verità.

LIUBA La verità. Quale verità? Tu sai sempre quello che è vero e quello che non lo è. Ma io no. Io non riesco a vedere più niente, come se avessi perduto la vista. Tu non hai dubbi, risolvi di colpo tutti i tuoi problemi, le questioni più importanti, ma prova a pensarci, caro: non è che questo dipenda, per caso, dal fatto che sei ancora giovane, che non hai ancora avuto il tempo di vivere fino in fondo, sul serio, nemmeno uno dei tuoi problemi? Tu hai coraggio, e guardi avanti, ma non credi che anche questo dipenda dal fatto che la vita non ti si è ancora mostrata per quello che è? Tu sei più coraggioso, più onesto, più intelligente di noi, ma prova, sii solo un pochino più generoso, risparmiami solo un po’. Io sono cresciuta qui, qui hanno vissuto mio padre, mia madre, mio nonno, e io l’amo, questa casa, e senza il mio giardino dei ciliegi non riesco a pensarla, la mia vita, e se proprio è necessario venderlo assieme a lui vendete anche me… (Abbraccia Trofimov e lo bacia sulla fronte) Il mio bambino è annegato qui… (Piange) Devi avere compassione di me, tu che sei buono, e bravo…

TROFIMOV Lei sa benissimo che io la compiango con tutto il cuore.

[…]

PISCIK Ma com’è andata l’asta? Ci vuoi raccontare?

LIUBA Hanno venduto il giardino dei ciliegi?

LOPACHIN L’hanno venduto.

LIUBA E chi l’ha comprato?

LOPACHIN Io, l’ho comprato.

Pausa

Liuba è annichilita e cadrebbe a terra se non si trovasse accanto alla poltrona e al tavolo. Varia si toglie il mazzo di chiavi dalla cintura e lo getta sul pavimento, in mezzo alla stanza.

Si, io l’ho comprato, io! Un momento, signori, fatemi il favore, ho la testa qui che mi gira, che non riesco neanche a parlare… (Ride) Dunque: arriviamo all’asta, e Deriganov è già lì. Leonida Gaiev ha solo quindicimila rubli, e Deriganov, oltre l’ipoteca, al primo colpo, ne offre trenta. Le cose stanno così? Allora entro in gara anch’io, offro quarantamila. E lui subito rilancia a quarantacinque. Io, più su, a cinquantacinque. Insomma, lui comincia ad aumentare di cinque, io di dieci alla volta, e così avanti fino alla fine… Ho offerto novantamila oltre l’ipoteca, lui si è fermato, e l’hanno aggiudicato a me: ecco tutto! Il giardino dei ciliegi adesso è mio! Mio! (Ride) Ah, Dio santo, Signore, il giardino dei ciliegi è mio, capite? Ditemi che sono ubriaco, che sono matto, che è tutta immaginazione… (Pesta i piedi per terra) E non ridete di me! Se mio padre, mio nonno, potessero venir fuori dalla tomba e vedere! Vedere che quello delle bastonate, io, l’analfabeta, quello che d’inverno andava in giro sempre a piedi nudi, quello stesso, lui, proprio lui, ha comprato il giardino dei ciliegi, è il padrone della cosa più bella di questo mondo! Ho comprato la terra dove mio padre e mio nonno erano servi, dove non gli era permesso neanche di entrare in cucina. Ma no, no, io sono ubriaco, è solo un sogno, è un’illusione… (Raccoglie il mazzo di chiavi, e sorride con dolcezza) Ha buttato via le chiavi per farmi capire che non è più la padrona… (Fa tintinnare le chiavi) Non fa niente.

Si sente l’orchestra che accorda gli strumenti.

Ehi, orchestra, suona! Voglio sentire un po’ di musica! E adesso vedrete come Lopachin calerà la scure sul giardino dei ciliegi, vedrete come cadranno a terra gli alberi, uno a uno! Costruiremo noi case, e i nostri nipoti e pronipoti vedranno qui una nuova vita… Musica, maestro! Musica!

L’orchestra prende a suonare. Liuba si è accasciata su una sedia e piange amaramente.

(Con tono di rammarico) Ma perché non mi avete dato ascolto, signora? Mia povera, cara, è tardi adesso… (Con emozione) Se tutto passasse più in fretta, se subito potesse cambiare in qualche modo la nostra vita così infelice, così assurda.

PISCIK (lo prende sottobraccio, piano) Piange. Andiamo, lasciamola sola… Andiamo… (Tenendolo sottobraccio si avvia per uscire verso la sala)

LOPACHIN Ehi! Ma cos’è questa fiacca? Musica, più ritmo! Più forte! Comando io! (Con ironia) Largo, passa sua signoria, il nuovo padrone del giardino dei ciliegi! (Urta un tavolino e quasi rovescia un candelabro) Niente! Pago tutto io! (Esce con Piscik)

Nel salone non vi è più nessuno. È rimasta solo Liuba, che siede quasi rannicchiata, e piange amaramente. Entrano rapidamente Ania e Trofimov. Ania si avvicina alla madre e le si inginocchia davanti. Trofimov rimane fermo sulla soglia della sala.

ANIA Mamma, mammina cara, non piangere!… Mia cara, mia buona, mia brava, mia mamma bellissima, ti voglio tanto bene… Il giardino dei ciliegi l’hanno venduto, non c’è più, è vero, è vero, ma non piangere, mamma, cara, a te è rimasta la vita che hai davanti, ti è rimasta la tua anima, così buona e così pulita… Andiamo via insieme, via di qua, insieme, via!… Pianteremo un altro giardino, nuovo, con tanti più fiori di questo, e tu lo vedrai, e quando lo vedrai capirai tutto, e la felicità, una felicità calma, profonda, ti tornerà di nuovo dentro, sai?, come il sole nella sera, e sorriderai di nuovo, mammina, vedrai! Vieni, mamma! Vieni via!…

Sipario.

tratto da: Anton Čechov, Il giardino dei ciliegi, trad. it. Luigi Lunari e Giorgio Strehler, Milano 1974.

Titolo originale Вишнёвый сад; prima edizione 1903.