E la meditazione in tutto questo? L’estinzione, cos’è? Superare l’attaccamento, cos’è? Ma credevo, credevo di avere trovato la pace in giardino, coltivando, lavorando la terra momento per momento.
E adesso che non posso più fare nulla di tutto questo, che sono stata espulsa dal giardino, che posso solo guardarlo da dentro casa, dalla loggia, dalla finestra, o per quei pochi tratti che riesco a fare fuori, quando Giulio mi spinge sulla carrozzina? Adesso che mi è stato tolto il farmaco che mi aveva permesso di smorzare lo sgomento di vivere? Adesso che non posso più vivere come avevo progettato, lavorando nell’orto e in giardino? Adesso che ora et labora non è più possibile, cosa resta? Cos’altro ancora bisogna inventare, ora che quella roccaforte è crollata? A quali risorse attingere?
Giornata splendida, bavette al pesto di finocchietto selvatico, sformato di bietoline e borragine, con David e Massimo appena arrivato dal Brasile dove ha fatto un viaggio bellissimo, entusiasta dei brasiliani e della loro allegria. Racconto a David della mia disperazione, della sensazione di avere avuto idee sbagliate. Lui mi dice certo, anche Tommaso d’Aquino, alla fine della vita, ebbe la sensazione che le sue idee fossero paglia, null’altro che paglia. L’approssimarsi della fine è il collasso di tutto quello in cui si era creduto, il momento del dubbio. Le idee si rivelano per quello che sono, un appiglio, una difesa. Anche con Massimo, prima che arrivasse David, avevo parlato di questo. Di quell’impostazione sbagliata, un po’ da accademici, di questo culto del rigore, della profondità, di questo atteggiamento diffidente di sprezzo. Di questo eccesso di spirito critico che distrugge la vitalità, l’entusiasmo. Ma, cosa sto a soffermarmi su questo, ne ha già detto Leopardi, di come la ragione distrugge tutto. Solo che non mi ero resa conto fino a ora di essere talmente corrosa da quella razionalità e da quel culto dell’intelligenza appreso in casa.
Ma forse non ci sono alternative, nell’incombere della fine qualsiasi idea si sarebbe rivelata sbagliata. Nessuna idea avrebbe potuto rivelarsi immune alla disgregazione. Allora bisogna soltanto starsene in pace, e non rinnegare nulla, e rallegrarsi di avere imparato quel poco. Anche quel poco aiuta. La meditazione aiuta, sapere fare spazio aiuta, trovare un angolo di riposo nel mezzo della tempesta aiuta. Anche nell’incubo di questa notte. Mi sveglio. Ma anche in quell’incubo, credo, sono riuscita a mantenere un senso di calma.
Comunque non è stato un errore restare in questa casa: il giardino è bello, gli amici vengono volentieri a trovarmi.
In realtà il buddhismo mi è di aiuto, credo sia un rifugio in questo collasso. Non va confuso con l’ossessione di mio padre per la morte, la sua irrisione della semplice, spontanea gioia di vivere.
Il Buddha si sveglia a partire dall’incontro con morte, malattia, vecchiaia. Non le perde di vista. Ma nemmeno coltiva un lugubre attaccamento all’idea della fine.
Tratto da: Pia Pera, Al giardino ancora non l’ho detto, Ponte alle Grazie Editore.
Marta dice
Adorabile Pia Pera, ci mancherai