Napoli è stata una grande capitale, centro di una particolare civiltà, ecc., ma strano, ciò che conta non è questo. Io non so se gli “esclusi dal potere” napoletani preesistessero, così come sono, al potere, o ne siano un effetto. Cioè, non so se tutti i poteri che si sono susseguiti a Napoli, così stranamente simili tra loro, siano stati condizionati dalla plebe o l’abbiano prodotta. Certamente c’è una risposta a questo problema, basta leggere la storia napoletana non da dilettanti o casualmente, ma con onestà scientifica. Questo io finora non l’ho fatto, perché non mi si è presentata l’occasione, o forse perché non mi interessa. Ciò che si ama tende a imporsi come ontologico.
Io so questo: che i napoletani oggi sono una grande tribù, che anziché vivere nel deserto o nella savana, come i Tuareg o i Boja, vive nel ventre di una grande città di mare.
Questa tribù ha deciso – in quanto tale, senza rispondere delle proprie possibili mutazioni coatte – di estinguersi, rifiutando il nuovo potere, ossia quella che chiamiamo la storia, o altrimenti la modernità. La stessa cosa fanno nel deserto i Tuareg o nella savana i Boja (o fanno anche, da secoli, gli zingari): è un rifiuto, sorto dal cuore della collettività (si sa anche di suicidi collettivi di mandrie di animali); una negazione fatale contro cui non c’è niente da fare. Essa dà una profonda malinconia, come tutte le tragedie che si compiono lentamente; ma anche una profonda consolazione, perché questo rifiuto questa negazione alla storia è giusto, è sacrosanto.
La vecchia tribù dei napoletani, nei suoi vichi, nelle sue piazze nere o rosa, continua come se nulla fosse successo a fare i suoi gesti, a lanciare le sue esclamazioni, a dare nelle sue escandescenze, a compiere le proprie guappesche prepotenze, a servire, a comandare, a lamentarsi, a ridere, a gridare, a sfottere; nel frattempo, e per trasferimenti imposti in altri quartieri (per esempio il quartiere Traiano) o per il diffondersi di un certo irrisorio benessere (era fatale!), tale tribù sta diventando altra. Finché i veri napoletani ci saranno, ci saranno; quando non ci saranno più, saranno altri (non saranno dei napoletani trasformati).
I napoletani hanno deciso di estinguersi restando fino all’ultimo napoletani, cioè irripetibili, irriducibili e incorruttibili.
Testo di Pier Paolo Pasolini in una conversazione con Antonio Ghirelli su Napoli, durante le riprese del Decameron, 1971
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