“Disegnare” uno spazio verde è impossibile se non si parte dall’osservazione di ogni singola pianta come individuo, se non si ascolta prima di tutto la lezione della natura. Come è accaduto a Gabriella Buccioli negli anni in cui ha lasciato fare anche al vento …
Ci sono molti modi di progettare il proprio giardino. Io mi sono sempre rifiutato – anche se ho scritto un libro ipotizzando una serie di giardini possibili, che è cosa diversa – di offrire un disegno di come potrebbe o dovrebbe essere: più vado avanti negli anni, tanto più mi si rende necessario conoscere lo spazio in cui esso deve sorgere. Mi riesce difficile progettarne uno “addosso” a qualcuno, attraverso una astrazione, come un disegno: per me un giardino che non nasca dallo spazio in cui dovrà sorgere e iniziare a vivere, non ha possibilità di riuscire. L’ho detto, scritto e ripetuto: anche il mucchio di terra su una tana di talpa può essere un punto di partenza.
Passione o collezionismo? Certo la matrice può essere una passione di chi si avvia a viverlo. Ma non capisco, ne riesco a condividere il collezionismo, che si tratti di francobolli, di pipe o di rose; anzi è proprio la mania del collezionismo che rende impossibile creare un armonioso giardino di rose. Sicuramente la passione per le rose ha dato modo all’autrice di creare quel capolavoro che è il giardino di Ninfa: ma non penso a Ninfa – farei un gran torto – come a una collezione di rose. Non mi riesce difficile aiutare qualcuno a creare un giardino che nasca dalla passione per le rose o per un’altra pianta. Difficilissimo, anzi ostico per me, partire da un disegno. Nel mio modo di sentire sono sempre le piante che devono suggerirlo. E qui si rivela la fondamentale differenza tra la mia interpretazione e quella di molti architetti; per tacere di quelle signore che s’innamorano dell’idea di “rifare” un labirinto o, peggio ancora, di creare un giardino topiario. Non riesco a considerare una pianta in modo diverso da un individuo, e come tale deve valere nel disegno. Anche un viale e prima di tutto un insieme di individui: infatti tra quanti ne ho progettati quello che preferisco e composto da grandi melograni, capaci di esprimere ciascuna la propria natura singolare. E a Roma, con tutte quelle conifere dominatrici assolute dei giardini, mi mancano le grandi querce e i bagolari che certamente costituivano la popolazione di base ai tempi dei Romani: se fossi stato Nerone, quelle conifere le avrei eliminate tutte. Va detto che il mio rapporto con l’albero non è affatto sentimentale, non ho mai considerato un albero – quanti ne ho abbattuti! – come un oggetto sentimentale; il valore è dato dalla sua natura di individuo, non di schiavo. Per questo mi è tanto piaciuto il libro di Maria Gabriella Buccioli, I Giardini venuti deal vento, perché la sua esperienza mi pare grande e valida lezione.
Primo: semplicità. Il titolo potrebbe ingannare, non è un tentativo di fare ” poesia” . La grande qualità dell’autrice è la semplicità, lontano da ogni aulica pretesa: l’essere il suo giardino “venuto” dal vento, nato senza un disegno preconcetto, è originalità; il racconto è espresso con semplicità e oggettiva, qualità auspicabili in chiunque si appresti a crearsi un proprio giardino. Capisco e ammiro chi voglia crearselo, il proprio giardino, e abbia la pazienza di considerare la pianta cone elementi che hanno un corso nel tempo: sono poco adatto a disegnare un giardino” chiavi in mano ” . Ciò non significa che invece non consideri la possibilità di progettarne uno.
Parchi da vivere. Ma qui gioca la mia profonda convinzione che un parco debba equivalere perfettamente a un teatro dove i visitatori non siano chiamati solo a guardare e ammirare, ma anche a vivere. In passato erano le cacce, le feste da ballo, le riviste militari; oggi accade altro. Perciò ammiro Disneyland; non per i contenuti , ma perché chi lo frequenta lo fa per partecipare alla sua vita, per esserne parte attiva. Non ho mai pensato di aver contribuito a creare il giardino ideale del nostro tempo; mi capita spesso il tornare alla memoria del Prater viennese con i valzer di Strauss; forse avrei sognato di creare uno spazio come è quello. Ma penso che questo della Buccioli, nato con il contributo del vento, costituisca uno dei testi migliori per comprendere uno spirito di creazione del giardino: non posso far altro che consigliare la lettura, chi lo intenda avrò solo da imparare.
Tratto da: Ippolito Pizzetti, Il giardino nasce dal vento
ph. Alessio Guarino