Il Parco nazionale del Circeo

Il Parco nazionale del Circeo, istituito nel 1934 è una delle più antiche aree naturali protette d’Italia. Ubicato lungo la costa tirrenica del Lazio storico, si estende lungo il tratto di litorale compreso tra Anzio e Terracina, coprendo una superficie di 5.616 ha e prendendo il nome dall’omonimo promontorio.

Fu istituito nel 1934, dall’Amministrazione Forestale del tempo, per volere di Benito Mussolini, dietro suggerimento del Sen. Raffaele Bastianelli, al fine di tutelare gli ultimi resti delle Paludi Pontine che proprio in quegli anni venivano bonificate. Natale Prampolini, il senatore e l’ingegnere che progettò la bonifica dell’Agro pontino, fu infatti premiato da Vittorio Emanuele III col conferimento del titolo di conte del Circeo nel 1941. È l’unico Parco nazionale italiano ed europeo a estendersi completamente in pianura e in un ambiente marino.[senza fonte] Il Parco nazionale del Circeo è inoltre una “riserva della biosfera” dell’UNESCO dal 1997, ed è stato candidato al titolo di “Patrimonio dell’umanità”.

Già previsto dalla legge quadro sulle Aree Protette (L. 394/1991), solo nel 2005 il DPR 155/2005 ha dato il via all’istituzione dell’Ente Parco, iter conclusosi nel 2007 con la nomina del Presidente e del Consiglio Direttivo.

Il Parco tutela un ricco insieme di biomi.

Vi sono cinque habitat fondamentali che si riportano qui di seguito

Palme nane in zona “Quarto Caldo”

La grotta delle Capre
È la cima montuosa del Monte Circeo che tocca i 541 m e che ha dato il nome all’intero Parco Nazionale. Geologicamente parlando, si tratta di un massiccio calcareo-dolomitico del Mesozoico formatosi per sedimentazione in una zona non ben definita dell’attuale Tirreno e successivamente scorso su strati di flysch, per circa 200 chilometri, fino a occupare la posizione attuale. Secondo la leggenda, sul Circeo viveva la maga Circe che, dopo aver tentato di trasformare Ulisse e i suoi compagni in porci, come narrato nell’Odissea, li accolse per un anno e diede loro preziose informazioni. Visto da lontano, il Circeo assomiglia ad una donna addormentata, il che, secondo alcuni, ha dato origine alla leggenda di Circe.[senza fonte] Il promontorio, dal punto di vista naturalistico, si divide in due versanti completamente diversi tra di loro. Il versante nord, detto anche “Quarto freddo”, caratterizzato da un clima umido, è ricoperto da una fitta macchia alta di leccio, associata, a quote più basse, al frassino minore, al carpino nero, alla roverella e al farnetto. Nel sottobosco si trovano erica, ginestra e corbezzolo mentre, verso la foresta di pianura, nella zona di “Mezzomonte”, si trova una sughereta di circa 25 ha.

L’altro versante, il “Quarto caldo”, si affaccia verso sud e gode dunque, per tutto l’anno, di un’esposizione soleggiata. Vi prospera una vegetazione rupestre mediterranea con leccio, ginepro fenicio, euforbia arborea, mirto, lentisco, rosmarino, erica; tra i bassi cespugli troviamo invece il finocchio marino, l’elicriso, l’euforbia, lo statice e la centaurea di Circe. La presenza più interessante è però quella della palma nana, l’unica palma spontanea in Europa, relitto di epoche più calde. La fauna, invece, oltre che dal cinghiale, dal tasso, dalla faina e dal moscardino, è rappresentata da numerosi uccelli, in particolare rapaci come il falco pellegrino, il gheppio e i numerosi altri che vi nidificano o che sorvolano la zona durante le migrazioni.

Il promontorio del Circeo rappresenta inoltre una zona di notevole interesse speleologico dal momento che, alla sua base, si aprono numerose grotte, le quali hanno mantenuto la traccia delle variazioni climatiche e delle oscillazioni del livello del mare nelle passate ere geologiche e hanno restituito preziose testimonianze di un’antichissima occupazione umana di questo luogo, già a partire dal Paleolitico. In tal senso, la più conosciuta è la grotta Guattari, al cui interno, nel 1939, fu rinvenuto un cranio di tipo neanderthaliano. Altra grotta interessante, facilmente raggiungibile via terra, è la grotta delle Capre, in prossimità della quale si trovano anche la grotta dell’Impiso e la grotta del Fossellone. Interessante, dal punto di vista archeologico, anche grotta Breuil. Altre grotte sono: la grotta Azzurra, celebre per i suoi riflessi di colore; la grotta del Presepe, così chiamata per le sue caratteristiche colate stalagmitiche che, viste dal mare, sembrano statuine inginocchiate; le “Cinque grotte” o “Cattedrale”, così chiamate per la forma che ricorda quella delle cattedrali gotiche, piene di guglie; la grotta della Maga Circe, che la leggenda vuole sia stata indicata dalla maga Circe a Ulisse affinché egli vi ricoverasse la propria barca.

Si tratta di ciò che rimane della vecchia “Selva di Terracina”, ricoperta da macchia mediterranea e da alberi tipici delle aree marine, come pini, lecci e querce da sughero. Essa rappresenta la più estesa foresta naturale di pianura in Italia[senza fonte], estendendosi per 3.300 ha circa. La foresta, oggi, è ancora un vasto ecosistema; caratteristiche, ad esempio, sono le “piscine”, ovvero aree paludose che si formano principalmente nella stagione autunnale per l’accumulo di acqua piovana, e le “lestre”, zone in cui, un tempo, gli abitanti stagionali edificavano i loro precari villaggi. Nella foresta esistono tre aree di Riserva Naturale Integrale: la Piscina delle Bagnature, la Piscina della Gattuccia e la Lestra della Coscia.

Tutta la foresta è visitabile tramite una fitta rete di sentieri, sia pedonali che ciclabili. Percorrendoli, si incontrano specie vegetali tipiche di aree continentali, quali il cerro, il frassino, la farnia e specie tipicamente mediterranee quali il leccio, l’alloro, la sughera: la foresta del Circeo, infatti, è un punto d’incontro di specie vegetali appartenenti a realtà climatiche diverse.

Il sottobosco è assai ricco di specie, che producono bacche e piccoli frutti, come biancospino, prugnolo, melo e pero selvatico, corbezzolo, erica arborea, pungitopo ecc.. La presenza di bacche e frutti attira inoltre numerose specie di uccelli canori. Particolarmente ricca e pregiata è la presenza di funghi, la cui raccolta è regolamentata e controllata. Dal punto di vista della fauna, troviamo, oltre alle varie specie di uccelli: mammiferi tipici dell’area mediterranea, quali cinghiale, lepre, tasso, riccio, volpe, donnola, ecc..; rettili: biacco, natrice, vipera, testuggine di terra e palustre; anfibi: tritone, rospo, rana.

Per le sue particolari caratteristiche, la foresta del Circeo, nel 1977, è stata dichiarata “riserva della biosfera”, ed inserita nel programma “MAB” (Man and biosphere).

Nel territorio del parco è compresa una fascia costiera sabbiosa che si estende, in lunghezza, per circa 22 km, partendo dalla scogliera calcarea del promontorio del Circeo, appena sotto torre Paola, proseguendo oltre il territorio del parco (che termina in località Capoportiere) fino al capo d’Astura. La spiaggia è formata da sabbie sottili e, alle spalle di essa, si innalza il cordone dunale che raggiunge una altezza massima di 27 m e le cui sabbie presentano una rigogliosa vegetazione. Le Dune ospitano diverse specie di piccole piante, come arbusti e cespugli, i quali offrono un habitat ideale per molte specie animali tra cui tassi, volpi, conigli, lucertole, coleotteri. In autunno è possibile osservare le cosiddette “barchette di San Pietro”, meduse simili a piccole barche a vela, che rendono la spiaggia di colore azzurrino.

L’ambiente costiero dunale è particolarmente difficile: le alte temperature, le lunghe siccità, il terreno poco fertile e i forti venti rendono difficile la sopravvivenza delle specie vegetali, che si sono così dovute adattare: troviamo così piante con foglie piccole, o addirittura aghiformi. Queste piccole piante, più vicine al mare, all’apparenza poco significative, sono invece fondamentali per la sopravvivenza della duna: giglio marino, gramigna delle sabbie, camomilla marittima, carpobroto, unghia di strega ecc.. con la loro stessa presenza attenuano la forza del vento; le loro radici riescono a formare un fitto reticolo sotterraneo che blocca la sabbia e rafforza la duna, permettendo così anche ad altre specie di sopravvivere.

Tali piante, che sono riuscite ad adattarsi a vivere in questo luogo inospitale, sono dette “pioniere” perché, come veri e propri coloni, sono state i primi abitanti di questi luoghi difficili e hanno creato un ambiente ospitale per altri organismi viventi. Procedendo dal mare verso l’interno troviamo, man mano, specie sempre più sviluppate, come il ginepro coccolone e il lentisco. Sul retroduna, le condizioni cambiano: l’azione del vento, schermata, si attenua progressivamente e il suolo diventa più profondo e più fertile. Possono così crescere veri e propri alberi: il pino marittimo e il leccio, per esempio, che vengono però sostituiti, sulle sponde dei laghi, da ontani, frassini, pioppi e salici.

Onde evitare danni causati dal calpestio dei frequentatori della spiaggia, sono state predisposte passerelle in legno che consentono di accedere alla spiaggia senza danneggiare la vegetazione; la sommità della duna è invece percorsa da una strada che, per un tratto, in corrispondenza del lago dei Monaci, è percorribile solo a piedi o in bicicletta. Sulla duna litoranea una serie ininterrotta di ville e relative recinzioni ha però deturpato l’antica bellezza naturale del sito.

Si tratta dei quattro laghi costieri di Paola, Caprolace, Monaci e Fogliano, piccoli bacini d’acqua salmastra e ideale rifugio per molte specie di uccelli acquatici. I laghi sono in realtà degli stagni costieri, con acque poco profonde (in media circa due metri) che comunicano con il mare attraverso una serie di canali che assicurano il ricambio idrico.

Oltre che per gli uccelli, tali zone sono fondamentali per tutta una serie di specie, che, anche se meno visibili e conosciute, rivestono un ruolo determinante per l’equilibrio ecologico. Nei canali di acqua dolce, ad esempio, troviamo la testuggine palustre, specie a rischio d’estinzione in Italia, oltre a una serie di pesci considerati importanti indicatori della qualità dell’ambiente. Altri animali di cui facilmente troviamo le tracce sono il tasso e l’istrice, oltre a volpe, donnola, cinghiale e riccio. Le sponde dei laghi ospitano, dal punto di vista della flora, una vegetazione composta prevalentemente da salicornie, inule e tamerici. Numerosissimi sono gli uccelli, che possono facilmente essere osservati presso la zona di Pantani dell’Inferno, di fronte al lago di Caprolace: qui, la presenza delle acque salmastre del lago e di quelle dolci degli acquitrini, favorisce la sosta di specie diverse.

Nelle acque salmastre dei laghi, ricche di vita, vengono inoltre praticate attività di pesca con sistemi compatibili con le esigenze di tutela, garantendo, così, il rispetto dell’ambiente, l’occupazione e il mantenimento di attività tradizionali.

Oltre ai quattro laghi costieri vi sono poi zone acquitrinose e pascoli destinati prevalentemente all’allevamento dei bufali allo stato brado; qui troviamo aironi guardabuoi, gru, oche, pavoncelle, allodole, chiurli.

Data la rilevanza delle zone umide del Circeo, nel 1976 queste vennero dichiarate “Zona Umida di Interesse Internazionale”.

L’isola di Zannone

Zannone è una piccola isola entrata a far parte del Parco nel 1979; è disabitata e ricoperta da boschi di lecci e querce. Tra le isole ponziane, è l’unica ad aver conservato intatta la propria copertura vegetale. Presenta motivi di interesse in ogni stagione: dalle spettacolari fioriture dell’erica, durante il periodo autunnale, alle migliaia di uccelli che vi sostano durante i periodi di passo (migrazioni), alle attrattive paesaggistiche e marine. Dal punto di vista della flora troviamo: sulla scogliera l’elicriso che, salendo, viene sostituito dal lentisco, dal mirto e dall’erica; più in alto la ginestra, la fillirea, l’euforbia arborea che, man mano, lasciano il posto al corbezzolo e al leccio; a settentrione, invece, troviamo boschi di lecci, con eriche e allori.

Tra gli animali selvatici, è presente il muflone, introdotto sull’isola negli anni venti del XX secolo e ora specie protetta.

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