Narra una leggenda giapponese che a creare la pianta del tè sia stato il monaco indiano buddista del VI secolo, Bodhidharma. Egli, per evitare di addormentarsi durante i 9 lunghi anni di meditazione e di conseguenza venir meno al suo impegno, si tagliò le palpebre, le quali cadendo sulla terra diedero vita alla pianta del tè.
In realtà la pianta del tè, sappiamo essere originaria dell’Asia meridionale ed è stata importata in Giappone dalla Cina intorno al VI secolo insieme al buddismo.
All’inizio il tè veniva consumato nei monasteri ed era riservato ai monaci che lo usavano durante le cerimonie religiose. Man mano si diffuse dapprima tra l’aristocrazia che ne faceva uso nelle occasioni mondane, poi, fra il il XIV e il XV secolo, tra la classe mercantile allora emergente e ancora tra i samurai che, della cerimonia del tè, fecero un elemento importante del Bushido ovvero della “Via”, letteralmente “morale del guerriero” un codice di condotta e di modalità di vita che i samurai si erano dati e, infine, il tè si diffuse nel resto della popolazione.
Zen è la pronuncia nipponica della parola cinese Chan, termine a sua volta utilizzato all’inizio del buddismo in Cina. Zen sta a significare i graduali stati di coscienza nella meditazione ed è questa pratica a trasformare in rito il semplice incontro tra amici dove si consumava tè .
L’artefice di questo cambiamento fu Murata Shukō che propose un tipo di cerimonia del tè da celebrare in una piccola stanza, in maniera intima tra il solo padrone di casa e i suoi ospiti.
Portata avanti dal monaco buddista zen Sen no Rikyu la cerimonia si basava su quattro principi basilari atti a purificare lo spirito in rapporto con la Natura ed erano: Armonia, Rispetto, Purezza e Tranquillità.
Armonia significa essere incamminati sulla “Via di mezzo” e cioè essere moderati nell’affrontare la vita e quindi essere affrancati da pretese ed estremismi
Rispetto è riconoscere la dignità innata di ogni persona e tale riconoscimento permette di entrare in comunione con l’essenza di quanto ci circonda.
Purezza è liberare la propria mente da preoccupazioni e vincoli in modo da accogliere la bellezza e permetterle di esprimersi. Si riordina la mente allo stesso modo con cui si riordina la stanza del tè.
Tranquillità. Soshistsu Sen la definisce così «Seduto lontano dal mondo, all’unisono con i ritmi della natura, liberato dai vincoli del mondo materiale e dalle comodità corporali, purificato e sensibile all’essenza sacra di tutto ciò che lo circonda, colui che prepara e beve il tè in contemplazione si avvicina ad uno stadio di sublime serenità.»
E sempre Soshistsu Sen ricorda che la Cerimonia del tè amplifica tale stato di grazia col «Trovare una serenità duratura in noi stessi in compagnia d’altri: questo è il paradosso.»
Ne consegue che il significato profondo della pratica della Cerimonia del Tè è il raggiungimento dell’illuminazione e le forme d’arte che ne scaturiscono.
Scrisse Lu-T’ung
“La prima tazza mi bagna le labbra e la gola
La seconda mi libera dalla solitudine e la terza entra nella mia anima inaridita, scoprendovi cinquemila volumi di meravigliosi ideogrammi.
La quarta tazza eccita in me un lieve sudore, che dileguandosi dai pori fa svanire le tristezze della vita.
La quinta tazza mi purifica e la sesta mi chiama nel regno dell’immortalità…”
Testo di: Lina Lombardo
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