Inebriati dal profumo dei fiori

La nave dell’umanità, si pensa, s’immerge tanto più profondamente quanto più viene caricata; si crede che l’uomo, quanto più profondo è il suo pensiero, più delicato il suo sentire, più alta la stima che nutre di sé, quanto più lontano si fa dagli altri animali — quanto più compare tra gli animali come il genio — tanto più vicino diventa alla vera essenza del mondo e alla sua conoscenza: e, in verità, egli fa ciò con la scienza, ma crede di farlo molto di più con le sue religioni e le sue arti. Queste sono, invero, i fiori del mondo, in nulla però più vicini alla radice del mondo di quanto non lo sia stato lo stelo: con esse non si può affatto comprendere meglio l’essenza delle cose, benché tale sia la credenza pressoché generale. L’errore ha reso l’uomo così profondo, delicato e inventivo da produrre una fioritura come quella delle religioni e delle arti. La pura conoscenza non ne sarebbe stata capace. Chi ci svelasse l’essenza del mondo, preparerebbe a noi tutti la più sgradevole delle delusioni. Non il mondo come cosa in sé, ma il mondo come rappresentazione (come errore) è così ricco di significato, così profondo e meraviglioso, racchiudendo nel suo grembo tanta felicità e infelicità. Questo risultato porta a una filosofìa di negazione logica del mondo: la quale del resto si può armonizzare altrettanto bene sia con un’affermazione pratica del mondo sia col suo contrario.

Tratto da: Umano, troppo umano. Un libro per spiriti liberi, Friedrich W. Nietzsche