«L’Italia va sempre più somigliando alla Roma tardoimperiale in cui bruciavano gli incensi di tutti i culti e le sette dell’Oriente. La setta che allora trionfò dei Cesari era una mite eresia ebraica definita da Tacito, isolato colpo di tuono, exitialis superstitio. Ancora ci stupiamo di come avvenne, e facciamo bene. E adesso il travolgente pontificato wojtyliano non trova più, al suo termine, un’Italia uniformemente cattolica, come Napoleone, appiedato, non trovava più la sua armata la sera di Waterloo.
I costumi non si misurano con statistiche perché sono eventi interiori e immaginari. Il mutamento religioso in atto è un fenomeno immenso e in buona parte in ombra: non mi stupisce che sfugga ai politici, ancora bloccati sullo schema cattolico-comunista, cattolico-illuminista, e dal ritenere la Chiesa una forza, un potere senza tramonto, che va lisciato abbondantemente per non riceverne unghiate. Anche più povero d’immaginazione è lo sguardo sulla penetrazione islamica: qui la comprensione è surrogata dall’adulazione e dalle offerte votive, per timore di graffi peggiori.
Ma siamo già lontani da questo, siamo già altrove. Il rivolgimento in atto è ben più profondo: il fronte delle religioni orientali (Vedanta, buddismo tibetano e Zen principalmente) è tutto in movimento, e avanzano le sette paraclitiche e perfino le sataniche; anche l’eresia catara, ombra di Banquo della Chiesa medievale, data per sepoltissima, è risorta dalle rovine sacre di Montségur. Dappertutto, giovani che hanno perso la preghiera, praticano le meditazioni orientali. La preghiera resta come pura invocazione di favori, ma la meditazione immerge la vicenda personale in una relazione cosmica illuminante. La diffusione dell’alimentazione vegetariana è in fondo un atto liturgico che distacca dalle abitudini cattoliche e rende chi la pratica refrattario anche al proselitismo islamico.
Tuttavia è impressionante la somiglianza di questo moltiplicarsi di religioni e di culti con ogni altro tipo di produzione (industriale, scientifica, turistica, ecc.). Qui entra in gioco quella che Emanuele Severino chiama, pensandola a fondo, “la follia dell’Occidente” (ormai mondializzata): il frenetico invertirsi di ogni prodotto in una immediata modalità di annientamento. Il Senza Tempo, costretto ad essere una ingannevole mascheratura di presente in fuga da se stesso, ne soffre acutamente.
Non si tratta di mode in transito, in quanto riflettono un nichilismo dei più stabili, di cui non conti le teste innumerabili. Il Papa stesso è in quest’ordine, perché produce torrenzialmente e santi e beati che non sono Agostino di Ippona o Caterina da Siena: questi appena prodotti si dissolvono come spot di spaghetti e merendine».
Guido Ceronetti, Lanterna Rossa, 2001
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