Quando ero un giovane studente di architettura, Le Corbusier era per me, come si dice oggi, un mito, un mito insostituibile. Mi sembrava che un architetto per essere un vero architetto dovesse disegnare architetture come le faceva Le Corbusier. Dopo molti anni, alla fine degli anni Ottanta, mi sono trovato a Ahmedabad, India, e sono stato ospite di amici indiani che avevano una villa disegnata da Le Corbusier. Dalla stanza da letto con uno scivolo si poteva finire direttamente nella piscina. Quegli amici un giorno mi hanno portato a vedere la grande architettura che Le Corbusier aveva progettato e aveva costruito alla fine degli anni Cinquanta: la sede della Mill Owner’s Association. Le Corbusier aveva progettato un edificio molto sofisticato, tutto aperto, con poche luci e molte ombre che arrivavano da tutte le parti, da passaggi, da scalinate, da cortili e aperture nascoste, trasversali, tagliate anche nei soffitti, con cura, in modo che il sole non potesse mai entrare direttamente o casomai soltanto a scaglie.
L’edificio è potente. È di cemento nudo, di piastre di grosso spessore, di enormi pilastri e l’interno è di dimensioni vaste. L’intero edificio è pieno di aria. Le Corbusier aveva capito che in India i giorni, gli anni, i monsoni, le estati bollenti consumano qualunque costruzione che non sia più che potente, la corrodono, la fanno morire: a nord la coprono di muschi verdastri, a sud la fanno sbiadire. La dimensione non era soltanto conveniente alla Mill Owner’s Association: Le Corbusier l’aveva anche progettata stando alla sua interpretazione dei destini dell’India. Già quando sono arrivato, trenta anni dopo l’inaugurazione, l’edificio era abbandonato, invaso dalla polvere, dall’acqua, dal silenzio, dal vuoto. Le sedie dei convegni, dei meeting, delle parole, delle decisioni, delle liti, delle alleanze erano finite ammucchiate in qualche angolo nascosto. Sono stato assalito da una grande malinconia: non c’è idea, per generosa che sia, capace di resistere al tempo.
Ahmedabad, India
Tratto da: Ettore Sottsass, Foto dal Finestrino