O rosa, sei malata! / L’invisibile verme / che vola nella notte, / nell’urlante tempesta, // ha violato il tuo letto / di purpurea gioia: / e di te col segreto / cupo amore fa scempio. William Blake, The sik rose, 1794
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Ogni pianta subisce gli attacchi di spietati nemici naturali e, non di rado, flagelli simili si abbattono anche sulla vita degli esseri umani. Nell’anno 857 la popolazione della cittadina tedesca di Xanten, sulle rive del Reno inferiore, fu colpita dalla collera divina: «Un grande flagello di gonfiori e bolle consumava la gente con un grande fetore, così che i loro arti si consumavano e si distaccavano prima della morte».70 Nel 994 fu la volta dell’Aquitania, una regione della Francia sudoccidentale: morirono oltre quarantamila persone. L’approssimarsi dell’anno Mille e la credenza che la fine del mondo fosse vicina accrebbero il terrore. Si aspergeva acquasanta come se piovesse, e le ossa di san Marziale — secondo la tradizione, testimone della resurrezione di Cristo — furono riesumate per compiere riti purificatori. Quarant’anni dopo ci fu un’epidemia anche in Lorena: se ne addossò la colpa agli spiriti bellicosi che avevano osato infrangere la Tregua di Dio, che consentiva di combattere soltanto dal lunedì al mercoledì. Per tutto il Medioevo, le epidemie di collera divina in Europa si verificarono con tale frequenza che l’ordine di Sant’Antonio aprì ospedali espressamente dedicati alle persone colpite da questa malattia; da qui il nome «fuoco di sant’Antonio». Sembra che l’abbazia di Sant’Antonio, nei pressi di Vienne, avesse conservato almeno fino agli inizi del XVIII secolo gli arti mummificati delle vittime.
Il fuoco di sant’Antonio era provocato dall’intossicazione da ergot (Claviceps purpurea), un fungo che infetta i semi di erbe selvatiche e graminacee, in particolare la segale (Secale cereale). Tra il 591 e il 1789 in Europa si registrarono almeno centotrentadue epidemie di ergotismo.71 Si tratta di una malattia delle piante a trasmissione sessuale: il fungo disperde le proprie spore grazie al vento, e infetta i fiori delle piante che il vento ha promiscuamente impollinato. Il contatto tra partner sessuali — anche quando avviene soltanto tramite l’aria — è un mezzo di trasmissione sfruttato molto spesso dai parassiti (basti pensare, per esempio, a HIV, clamidia e sifilide).
Il trasporto tramite il vento non è un metodo molto affidabile ma, una volta ottenuta la prima infezione, il fungo ergot utilizza un sistema più efficace, prendendo in prestito un trucco dalle piante impollinate dagli insetti. Il fiore infetto è riempito di melata sottratta alla linfa dell’ospite e corretta con spore di ergot; gli insetti in cerca di nettare, nel tentativo di scovare qualche altra stazione di rifornimento nascosta, trasmettono la malattia ad altri fiori. In uno stadio successivo, al posto del seme l’ergot sviluppa grossi corpi fungini. Alcuni di questi vengono rilasciati e restano dormienti nel terreno — maligne imitazioni dei semi — per germinare nella nuova stagione, rilasciando a loro volta spore infettanti. Altri potrebbero essere raccolti e trebbiati insieme al raccolto per poi finire nel pane di segale: il cibo portatore di vita diventa così foriero di morte.
L’ergot contiene numerosi alcaloidi tossici. Gli alcaloidi sono un folto gruppo di molecole note per i loro potenti effetti sul sistema nervoso; quello principale dell’ergot è l’acido lisergico, da cui si ricava l’LSD. Un altro è l’ergotamina, utilizzata per il trattamento dell’emicrania. Ceppi diversi di questo fungo producono alcaloidi diversi, che provocano due forme distinte di ergotismo. Le vittime del fuoco di sant’Antonio, i cui arti erano conservati nell’abbazia di Vienne, erano state colpite dall’ergotismo cancrenoso. L’ergotismo convulsivo è meno truculento, ma vanta una lunga lista di sintomi neurologici e può a sua volta risultare fatale. È possibile che lo stesso Oliver Cromwell sia morto per questa forma di avvelenamento da ergot,72 dato che ne manifestava i sintomi tipici: insonnia, dolori intestinali e alle articolazioni, crisi epilettiche. La sua morte, avvenuta nel settembre del 1658, coincise con un’epidemia di sintomi convulsivi in Inghilterra e si verificò in un periodo dell’anno in cui il raccolto della segale cominciava ad affluire nei cibi portati in tavola. Ma dovette passare un intero secolo perché i medici riuscissero a individuare la vera causa scatenante dell’ergotismo.
Prima dell’avvento del sistema di controlli odierno, le infezioni fungine della segale si manifestavano con particolare virulenza quando inverni eccezionalmente rigidi indebolivano le colture ed erano seguiti da una stagione primaverile più umida del solito che favoriva lo sviluppo e la diffusione del fungo. L’anno in cui morì Cromwell si registrarono proprio condizioni di questo tipo. Dall’altra parte dell’Atlantico, una situazione meteorologica analoga colpì il New England nel 1691 e, all’inizio del 1692, iniziarono a verificarsi strani eventi che avrebbero portato ai famigerati processi per stregoneria di Salem, nel Massachusetts. Nel gennaio 1692 una bambina di nove anni, Betty Parris, figlia del reverendo Samuel Parris, e la sua cuginetta di undici anni, Abigail Williams, iniziarono a comportarsi in modo strano. Urlavano, si contorcevano, emettevano suoni strani e dicevano di sentirsi la pelle punta da migliaia di spilli. Fu consultato il medico del villaggio; questi, non riuscendo a identificare la causa fisica dei sintomi, ipotizzò che le bambine fossero state colpite da un maleficio. Altre persone si ammalarono accusando sintomi analoghi, il bestiame prese a morire all’improvviso dopo aver manifestato strani comportamenti… e la caccia alle streghe ebbe inizio. Quando il governatore del Massachusetts impose la fine dei processi, erano ormai stati giustiziati con l’accusa di stregoneria quattordici donne e sei uomini, tra cui uno lapidato con lentezza nel vano tentativo di ottenere una confessione.
La prova che gli eventi accaduti a Salem e nei villaggi circostanti furono provocati da ergotismo è circostanziale ma forte.73 I sintomi corrispondono a quelli indotti dalla forma convulsiva della malattia; le condizioni climatiche favorevoli all’ergot c’erano; e tutte le famiglie di Salem colpite più gravemente vivevano in prossimità di terreni adatti alla coltivazione della segale. Dal momento che l’ergot infetta anche le piante selvatiche, si spiegherebbe perché il bestiame stesso fosse rimasto avvelenato. Forse, però, la prova più convincente è quella fornita da tre donne che presenziarono a una funzione religiosa celebrata dal reverendo Parris, padre di una delle prime vittime. Queste donne dichiararono che il pane utilizzato nel sacramento era rosso: una contaminazione da ergot superiore al 5 per cento conferisce al pane preparato con farina di segale raffinata proprio quel colore. Le parole di William Blake potrebbero essere parafrasate come epitaffio per questa terribile esperienza: un verme invisibile che volava nella notte creò un pane di purpureo dolore, e da questo i superstiziosi abitanti di Salem scatenarono un’urlante tempesta che fece scempio di molte vite.
Anche se la maggior parte dei numerosi funghi che infettano i semi è velenosa, ce n’è uno che i messicani — veri maghi della cucina ai quali dobbiamo granoturco, fagioli, zucche, cioccolato e peperoncini piccanti — considerano una prelibatezza: lo huitlacoche, detto anche carbone del granoturco (Ustilago maydis). È un fungo di origine messicana che di norma infetta le pannocchie di granoturco e produce così uno spettacolare corpo fruttifero bulbiforme utilizzato nella preparazione delle salse mole o come ortaggio. Proprio come l’ergot, il carbone del granoturco infetta l’ospite attraverso i fiori, seguendo il percorso solitamente utilizzato dal polline per raggiungere gli ovuli: cresce lungo le barbe del granoturco che pendono dalla pannocchia. 74 Se un tubetto pollinico lo batte sul tempo raggiungendo l’ovulo per primo, l’infezione si trova la strada sbarrata, e almeno qualche seme nella pannocchia si salva.
La famiglia delle erbacee, cui appartengono sia il granoturco sia la segale, presenta l’insolita caratteristica di non disporre in pratica di alcuna difesa chimica contro i tanti animali che vorrebbero cibarsene. Le erbe da pascolo sopravvivono alle attenzioni di bovini, pecore e cavalli solo perché sono in grado di far ricrescere il tessuto fogliare perduto grazie a germogli che si trovano sottoterra, dove le mandibole degli erbivori non possono raggiungerli; tuttavia, anche queste erbe accusano il colpo se vengono consumate troppo di frequente. È in un caso come questo che un gruppo di funghi velenosi — che hanno iniziato la loro vita come parassiti all’interno delle erbe — può fare un favore ai suoi ospiti (altrimenti indifesi chimicamente) producendo alcaloidi che servano da deterrente per i potenziali brucatori o addirittura li uccidano. I cosiddetti funghi «endofiti» vivono all’interno degli steli, delle foglie e, in qualche caso, perfino nei semi delle erbe. I pascoli di loietto perenne in Nuova Zelanda e un po’ ovunque sono infestati da funghi endofiti che avvelenano gli armenti provocando una malattia nota come ryegrass staggers (letteralmente, «barcollamenti da loietto»). Gli alcaloidi responsabili di tale malattia sono molto simili a quelli prodotti dall’ergot.
Nel gruppo più diffuso di endofiti, appartenenti al genere Epichloë, specie diverse giocano ruoli diversi: da quello di infame nemico delle piante, che le priva del sesso e del seme, a fedele compagno che protegge il proprio ospite dagli insetti e dalla siccità e si nasconde nell’embrione del seme, fornendo alla progenie un’eredità provvidenziale. 75 Le piante infettate da funghi endofiti benigni e asessuati non manifestano alcun sintomo esteriore di infezione, poiché il fungo non produce spore. Altre specie di Epichloë sembrano essere amiche o nemiche delle erbe a seconda dei casi: dipende dalle specifiche circostanze ecologiche. In natura, esistono molte relazioni biologiche strette altrettanto ambivalenti e mutevoli.
Curiosamente, le specie Epichloë che adottano una riproduzione sessuata si affidano a una mosca parassita, la Botanophila (della famiglia degli Antomiidi), per ottenere l’unione sessuale tra spore compatibili. La mosca si nutre di un fungo e così ne ingerisce le spore; quando vola su un’altra pianta infetta depone le uova e innesca una fecondazione incrociata del fungo strisciando l’addome sulla sua superficie e spalmandovi sopra le feci e le spore, che hanno attraversato intatte il suo stomaco. Le larve di Botanophila riescono a svilupparsi soltanto su un fungo prodotto da una fecondazione incrociata, perciò il fungo e la mosca dipendono l’uno dall’altra per la riproduzione. L’analogia con le tignole della yucca — che impollinano e al tempo stesso parassitano il seme — è davvero sorprendente.
Sembra proprio che l’evoluzione nelle Epichloë stia esplorando l’intera gamma delle relazioni erbaceo-fungine. Dal caos apparente che governa l’amicizia e l’inimicizia dei funghi emerge una legge evolutiva costante: gli endofiti amici delle piante rinunciano alla riproduzione sessuata e si diffondono tramite i semi delle erbe; quelli nemici, che rendono sterili i loro ospiti, si riproducono invece per via sessuata. È come se il fungo endofita e l’erba fossero costretti a condividere il sesso, un po’ come le tre Graie della mitologia greca, che possedevano un solo occhio e un solo dente e dovevano passarseli a turno. A ogni dato momento, soltanto uno di loro dispone degli strumenti per il sesso. In realtà, per chi abbia un po’ d’immaginazione, la relazione fungo-seme ha tutte le caratteristiche di una stregoneria: alleati invisibili, nemici mortali, punture di spillo, veleni e sostanze psicotrope, sesso e castrazione. Confrontiamola, per esempio, con gli ingredienti della famosa pozione delle streghe di Macbeth: «Occhio di tritone e dito di rana, / pel di pipistrello e lingua di cagna, / dardo di vipera e pungol d’orbetto, / piè di lucertola e ala d’allocco, / per una malia di potente travaglio / bollite e gorgogliate, infernal guazzabuglio».76
Di sicuro non vi sarebbe venuta voglia di assaggiare questo brodino, eppure probabilmente non vi avrebbe fatto alcun male. Sarebbe stata ben più potente e letale una pozione a base di semi… ma chi ha paura di una strega vegetariana? «Segale infetta nel pane quotidiano / e burro d’arachidi spalmato pian piano. / Semi di ricino e stricnina in dose abbondante, / così da strappare un urlo lacerante. / Per un incantesimo di potente travaglio / di questi semi ti basta un intruglio».
I semi di ricino contengono la ricina, il veleno più letale del mondo. Per un effetto ancora più micidiale, andrebbe utilizzato burro ricavato da arachidi colpite dall’Aspergillus , un fungo che produce un’aflatossina cancerogena. In realtà, molti di coloro che nel Medioevo furono accusati di stregoneria erano guaritori a conoscenza di tutti i segreti del mondo vegetale. Ne sapevano senz’altro molto di più sui poteri dei semi, buoni o cattivi che fossero, che su come ottenere la puntura di un verme invisibile.
Oggi si contano circa seicento specie diverse di funghi che infettano i semi e se ne servono per propagarsi.77 In questo gruppo non rientrano soltanto gli endofiti, che possono essere benigni o addirittura benefici per la pianta, ma anche specie patogene, come quella che provoca la cosiddetta «carie del frumento», una malattia dagli effetti devastanti. Questo fungo distrugge i fiori delle piante infette e poi trasferisce le proprie spore sulle piante sane, utilizzandole per trasmettersi alla generazione successiva. Così alterna la modalità di trasmissione, sfruttando nel migliore dei modi — o, dal punto di vista della pianta, nel peggiore — entrambi i mondi botanici.
Ma i funghi non sono gli unici approfittatori: anche batteri, virus e insetti utilizzano i semi come treno con vagone ristorante durante le fasi critiche del loro ciclo vitale. Tra gli insetti, le vespe appartenenti al gruppo degli Imenotteri Calcidoidei — di cui fanno parte anche quelle del fico — sono parassite specializzate che trascorrono gran parte della vita sotto forma di larve o pupe all’interno del seme. I semi dell’abete di Douglas, o Pseudotsuga menziesii , sono infestati da un calcidoide che si è adattato particolarmente bene a questa vita. In ogni rapporto che coinvolga la riproduzione, il fattore tempo è essenziale. Per diventare padre di un seme, il polline deve essere rilasciato quando i coni femminili sono ricettivi, e per parassitare quel seme un calcidoide deve deporre le uova in un momento preciso. Per la maggior parte degli insetti questo significherà aspettare che l’ovulo sia stato fecondato, perché soltanto allora la larva avrà nutrimento garantito. Di norma, infatti, gli ovuli non fecondati vengono abortiti dalla pianta. Ecco perché le tignole della yucca ingannatrici aspettano a deporre le uova.
Nelle conifere, tra l’impollinazione (l’arrivo del polline sulla superficie ricettiva dello stigma) e la fecondazione (la fusione dei nuclei della cellula spermatica e dell’ovocellula) trascorre un lungo lasso di tempo. Nel caso dell’abete di Douglas possono passare addirittura dieci settimane, ma i calcidoidi che parassitano i suoi semi non aspettano che avvenga la fecondazione: sembrano deporre le loro uova indiscriminatamente. Si è scoperto che questi insetti possono ignorare il rischio di vederle abortite perché, se un uovo viene deposto in un seme non fecondato, loro mettono in atto una truffa ormonale che induce la pianta a provvedere al seme (e quindi al parassita che lo occupa) anche se non contiene alcun embrione.78
In ogni conflitto — che veda coinvolti alberi e predatori di semi o nazioni ostili — c’è sempre la possibilità di adottare strategie alternative. Sono le circostanze, la scelta e il caso a stabilire se gli avversari imboccheranno la nobile via della pace, se convivranno con cauta diffidenza o se sceglieranno la poco onorevole strada della guerra. Nel luglio 1959, l’allora vicepresidente Richard Nixon si recò in visita a Mosca per presenziare all’inaugurazione della grande esposizione dedicata alle conquiste tecnologiche americane. Due anni prima l’Unione Sovietica aveva lanciato in orbita lo Sputnik, il suo primo satellite, ma Nixon puntò dritto al pezzo forte della mostra: la ricostruzione di una tipica casa americana, con una cucina riprodotta nei minimi particolari ed equipaggiata di tutti gli elettrodomestici. Mentre gli faceva fare il giro della cucina, Nixon chiese a Chrušcëv: «Non sarebbe meglio misurarsi per la qualità delle lavatrici che per la potenza dei missili? » Probabilmente il suggerimento di Nixon era soltanto una battuta, e in ogni caso tale dovette sembrare a Chrušcëv: nei tre decenni successivi, le relazioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica non furono improntate alla pacifica competizione in materia di elettrodomestici, ma a una corsa agli armamenti spinta da una strategia comune di Mutually Assured Destruction, «mutua distruzione assicurata».
Il crociere (Loxia curvirostra) e il pino contorto (Pinus contorta) sono prigionieri di una corsa agli armamenti che ha influito sull’evoluzione di entrambi, proprio come la guerra fredda ha lasciato un segno profondo nella storia degli Stati Uniti e della Russia. Il Pinus contorta protegge i propri semi con un’armatura pesante, sigillandoli con la resina dentro quei coni legnosi che sono le pigne. Il crociere deve questo nome alla particolarissima forma del becco, ad apice incrociato (se accavallate le dita otterrete un effetto molto simile): un incubo ortodontico che gli consente di forzare le squame delle pigne per estrarne i semi, o pinoli. Come possono le conifere reggere gli attacchi di predoni così ben equipaggiati che arrivano a frotte per rapire dalla culla arborea la loro preziosa figliolanza? Non c’è nemmeno bisogno che i rami si spezzino perché questi «bambini» particolari vadano perduti.
Nelle Montagne rocciose, il predatore più temibile è lo scoiattolo rosso americano (Tamiasciurus hudsonicus), che spoglia di tutte le pigne alberi interi. I crocieri non possono competere con un avversario che opera su così vasta scala, perciò è raro incontrare questi uccelli nelle vallate montane dove vivono anche gli scoiattoli rossi. Ma nelle gole più inaccessibili, dove questi roditori non si aggirano, crocieri e pini contorti si affrontano in una dura guerra per i semi.79 Qui si osservano pigne più lunghe, più strette e più pesanti, con squame più fitte e spesse rispetto a quelle che si trovano nelle valli non frequentate dai crocieri. Alcune di queste differenze potrebbero dipendere dall’assenza di selezione dovuta agli scoiattoli, ma entra in gioco anche la selezione indotta dai crocieri. Questi ultimi prediligono le pigne più piccole e corte, con squame più distanziate in prossimità della cima: per tutta risposta, ovunque i crocieri rappresentassero i predatori principali le pigne dei pini contorti si sono evolute proprio nella direzione opposta. Da parte loro, i crocieri hanno evoluto un becco più robusto rispetto a quello che si riscontra in altre popolazioni. Tale adattamento consente loro di attaccare più facilmente le pigne, ma c’è un prezzo da pagare: un becco più massiccio si porta dietro un corpo più grosso, che richiede più cibo. Anche per i semi cibo e dimensioni sono una questione di sopravvivenza.
Letture
Un saggio molto interessante sul ruolo giocato dall’ergotismo nella storia è quello di Mary K. Matossian, Poisons of the Past. Molds, Epidemics, and History, Yale University Press, New Haven 1989. Se cercate un libro che tratti delle malattie delle piante in generale, vi consiglio David Ingram e Noel Robertson, Plant Disease. A Natural History, HarperCollins, London 1999.
Tratto da: Jonathan Silvertown, La vita segreta dei semi, Bollati Boringheri