Esattamente cinquant’anni fa, alla vigilia di Natale del 1968, la missione Apollo 8, portava, per la prima volta nella storia, un equipaggio umano in orbita intorno alla Luna. William Anders, Frank Borman e James Lovell furono i primi fortunati mortali a poter osservare il lato nascosto del nostro satellite e a rimanere incantati davanti allo spettacolo della Terra che sorge. Nel corso di quella missione, durante una delle dieci orbite intorno alla Luna, William Anders scattava una foto che sarebbe diventata celebre, entrando di diritto fra le icone della recente storia dell’umanità: l’alba della Terra vista dalla Luna. Ognuno di noi, in qualche occasione, l’ha vista riprodotta. Rappresenta il globo terrestre, parzialmente in ombra nella parte inferiore, con il Sud in alto e l’America meridionale nel centro della foto, sorgere oltre l’orizzonte lunare. Un mondo azzurro e verde, con le nuvole bianche che ne intessono delicatamente l’intera superficie. Quella foto, chiamata dal suo autore Earthrise e catalogata dalla nasa con la meno poetica sigla as8-14-2383hr, cambiò, per sempre, la nostra idea della Terra, rivelandoci un pianeta di maestosa bellezza, ma anche fragile e delicato. Una colorata isola di vita in un universo per il resto vuoto e buio.
Un pianeta verde per la vegetazione, bianco per le nuvole e blu per l’acqua. Questi tre colori che sono la firma del nostro pianeta, per un motivo o per un altro, non esisterebbero senza le piante. Sono loro a rendere la Terra ciò che conosciamo. Senza piante, il nostro pianeta assomiglierebbe molto alle immagini che abbiamo di Marte o di Venere: una sterile palla di roccia.
Eppure, di questi esseri che rappresentano la quasi totalità di tutto quello che è vivo, che hanno letteralmente formato il nostro pianeta, e dai quali tutti gli animali – uomini, ovviamente, inclusi – dipendono, conosciamo pochissimo; quasi nulla. È un problema enorme, che ci impedisce di comprendere quanto le piante siano importanti per la vita sulla Terra e per la nostra personale, immediata, sopravvivenza. Percependo le piante come molto più prossime al mondo inorganico che alla pienezza della vita, commettiamo un fondamentale errore di prospettiva, che potrebbe costarci caro. Per cercare di ovviare alla scarsa consapevolezza e stima che abbiamo per il mondo vegetale, poiché noi uomini comprendiamo soltanto le categorie umane, questo libro tratta le piante come se facessero parte di una nazione, ossia di una comunità di individui che condivide l’origine, i costumi, la storia, le organizzazioni e le finalità: la Nazione delle Piante. Guardando alle piante come si guarda ad una nazione umana, i risultati sono sorprendenti. La Nazione delle Piante, con il suo tricolore verde, bianco e blu (sono i colori del nostro pianeta e dipendono dalla presenza delle piante), rappresenta la più popolosa, importante e diffusa nazione della Terra (soltanto gli alberi sono oltre 3000 miliardi1). Costituita da ogni singolo essere vegetale presente sul pianeta, è la nazione da cui ogni altro organismo vivente dipende. Credevate che le superpotenze fossero le vere padrone della Terra o pensavate di dipendere dai mercati di Stati Uniti, Cina e Unione Europea? Be’, vi sbagliavate. La Nazione delle Piante è l’unica, vera ed eterna potenza planetaria. Senza le piante, gli animali non esisterebbero; la vita stessa sul pianeta, forse, non esisterebbe e, qualora esistesse, sarebbe qualcosa di terribilmente diverso. Grazie alla fotosintesi, le piante producono tutto l’ossigeno libero presente sul pianeta e tutta l’energia chimica consumata dagli altri esseri viventi. Esistiamo grazie alle piante e potremo continuare ad esistere soltanto in loro compagnia. Avere sempre chiara questa nozione ci sarebbe di grande aiuto.
Anche se si comporta come se lo fosse, l’uomo non è affatto il padrone della Terra, ma soltanto uno dei suoi condomini più spiacevoli e molesti. Così dal momento del suo arrivo, circa 300.000 anni fa – nulla se confrontati con la storia della vita, che risale a tre miliardi e ottocento milioni di anni fa –, l’uomo è riuscito nella difficile impresa di cambiare così drasticamente le condizioni del pianeta da renderlo un luogo pericoloso per la sua stessa sopravvivenza. Le cause di questo comportamento sconsiderato sono in parte insite nella sua natura predatoria e in parte, credo, dipendano dalla totale incomprensione delle regole che governano l’esistenza di una comunità di viventi. Ultimi arrivati sul pianeta, ci comportiamo come dei bambini che combinano disastri, inconsapevoli del valore e del significato delle cose con cui giocano.
Ho immaginato che le piante, come genitori premurosi, dopo averci reso possibile vivere e resesi conto della nostra incapacità di svilupparci autonomamente, corrano di nuovo in nostro soccorso, regalandoci delle regole – in verità, la loro stessa costituzione – da seguire come vademecum per la sopravvivenza della nostra specie.
Il libro che avete in mano tratta proprio di questo: degli otto fondamentali pilastri su cui si regge la vita delle piante. Uno in più rispetto ai sette pilastri della saggezza di Thomas Edward Lawrence (il famoso Lawrence d’Arabia); ma senza alcuna pretesa di saggezza, quanto soltanto di opportunità.
Immaginare una costituzione scritta dalle piante, cui io presto l’opera di tramite con il nostro mondo, è l’esercizio giocoso dal quale nascono le pagine di questo libro. Una costituzione scritta dalle piante e in vece delle piante, da chi non conosce nulla di materie giuridiche. Mio fratello che, al contrario, è un dottissimo super magistrato, mi ha subito avvertito dei pericoli che correvo andando a giocare con i testi sacri e consigliato di lasciar perdere. Da buon fratello non l’ho ascoltato, così ora non mi resta che sperare nella clemenza della corte per le inevitabili imprecisioni che sono riuscito a piazzare nei pochi articoli sui quali si regge la Nazione delle Piante.
Si tratta di una costituzione breve che, basandosi sui principi generali che regolano la convivenza delle piante, stabilisce delle norme che hanno come soggetto tutti gli esseri viventi. L’uomo, infatti, non è il centro dell’universo, ma solo una fra le tante milioni di specie che, popolando il pianeta, formano la comunità dei viventi. È questa comunità il soggetto della costituzione vegetale; non una singola specie o pochi gruppi di specie, ma tutta la vita nel suo insieme. Rispetto alle nostre costituzioni che pongono l’uomo al centro dell’intera realtà giuridica in conformità a un antropocentrismo che riduce a cose tutto quanto non sia umano, le piante ci propongono una rivoluzione. Come in quelle frasi in cui basta cambiare il tono o la cadenza su una singola parola perché il significato complessivo che se ne ricava sia diametralmente opposto, così la costituzione delle piante, cambiando l’enfasi dalla singola specie alla comunità, ci aiuta a comprendere le regole che governano la vita.
Nelle pagine che seguono troverete gli articoli della costituzione della Nazione delle Piante, così come mi sono stati suggeriti dalle piante stesse nella mia ormai pluridecennale consuetudine con queste care compagne di viaggio. Ogni articolo è accompagnato da una breve spiegazione che dovrebbe aiutare a chiarirne la comprensione. Buona lettura.
1 T.W. Crowther et al., Mapping Tree Density at a Global Scale, in «Nature», 525, 2015, pp. 201-205.
Tratto da: Stafano Mancuso, La nazione delle piante
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