Un signore dallo sguardo mite e intelligente direttore del sito archeologico di Palmira è stato decapitato l’estate scorsa, forse sotto l’ arco di trionfo romano, dagli sgherri neri dello Stato Islamico. Tutti sapevano che l’ avanzata islamista avrebbe presto raggiunto la “libera città” che nei primi secoli della nostra era aveva prosperato all’interno del grande e liberale impero, come centro carovaniero sulla via della Persia e dell’India. Nessuno è intervenuto, non un’arma si è levata in sua difesa e forse nemmeno una preghiera. Nella generale indifferenza che origina la dimenticanza di ogni tradizione, la città un tempo regina del deserto è caduta sotto l’ oltraggio di uno sfregio che da solo manifesta l’inferiorità morale di chi lo compie.
A nulla è valso il suo riconoscimento come “Patrimonio dell’ Umanità” dell’ Unesco e a cosa poteva servire quella sbiadita patente rilasciata da una lontana e esotica istituzione adatta solo per stilare inutili classifiche? Un tempo…un tempo il bagliore di scudi lucenti di quadrate legioni tenevano lontano la minaccia nemica. Zenobia fece in tempo a sognarvi il sogno di Augusta Imperatrix Romanorum, prima che Aureliano giungesse a ricordarle che Roma non gradiva certe stravaganze. Un ferreo imperatore vi pose il campo della legio I Illirica. Quando nel 634 Khalid ibn al-Walid la conquistò, andò per sempre in rovina.
Ora sono tornati, gonfi d’ odio e d’ invidia, per oltraggiarne persino i ricordi e la città è sola mentre l’ orrore si spande per i colonnati, i templi e le vie. L’ antico teatro assiste alla rappresentazione più orrida. Khaled al-Asaad è stato l’ unico difensore di Palmira. Il mite signore non è fuggito finché ne era in tempo, non ha girato vilmente lo sguardo dall’ altra parte. E’rimasto al suo posto a guardare in faccia il suo destino. Non è poco, in un mondo in cui l’ assenza di senso e di ruolo, come un vuoto maligno, intossica gli animi di una umanità smarrita in viaggio verso il niente.
Che cos’è Palmira per questa umanità, per questa nostra umanità? Un imprecisato punto sulla carta geografica, una cartolina illustrata da spedire agli amici, un mucchio di pietre in bilico scosse dalla sabbia del deserto portata dal vento. Carina però, all’alba o quando scende la sera. Cos’era Palmira per Khaled al-Asaad? La sua patria, che ha amato, ha curato e per la quale morire, l’impegno di una vita che solo la fine poteva suggellare e qualche altra cosa ancora. E’stata l’ Ora che sta appena prima della morte e già dopo la vita, l’attimo eterno ove si giunge ad essere quello che si è. Khaled al-Asaad è stato l’ eroe che non siamo e forse non possiamo più essere.
Ne fossi capace scioglierei per lui un peana, ne avessi il potere gli innalzerei una statua di bronzo nel foro di Traiano, ma più modestamente gli invio, sperando che in qualche modo possano raggiungerlo, i versi immortali: “e tu onor di pianto Ettore avrai…”
Di Corrado Sabatucci, Novembre 2015