“A Roma ho visto che il Tevere non è bello, ma trascurato nelle banchine, da dove spuntano rive a cui non c’è chi metta mano…a Roma ho visto che molte case assomigliano al palazzo Cenci, dove la sventurata Beatrice visse prima della sua esecuzione. I prezzi sono alti e le tracce della barbarie ovunque…Ho visto a Campo de’ Fiori che Giordano Bruno continua a essere bruciato. Ogni sabato, quando smantellano le bancarelle intorno a lui e restano solo le fioraie, quando la puzza di pesce, cloro e frutta marcita va disperdendosi sulla piazza, gli uomini raccolgono sotto i suoi occhi i rifiuti che sono rimasti dopo che di tutto è stato fatto mercato, e danno fuoco al mucchio. Di nuovo si leva il fumo, e le fiamme mulinano all’aria. Una donna grida, e gli altri gridano con lei. Dato che nella luce forte le fiamme sono incolori, non si vede dove arrivano e dove cercano di colpire. Ma l’uomo sul basamento lo sa e perciò non ritratta…
A Roma ho udito certamente che più di uno ha il pane ma non ha i denti, e che le mosche vanno sui cavalli più magri. Che a uno è stato donato molto e all’altro niente; che chi la tira, la strappa e che soltanto una colonna solida sostiene la casa per cent’anni. Ho udito che al mondo c’è più tempo che intelletto, ma che gli occhi ci sono dati per vedere”
Tratto da: Ingeborg Bachmann, Quel che ho visto e udito a Roma, Quodlibet Editore
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