C’è un malessere affliggente, inconfondibile, uno stato in cui non si riesce a intraprendere nulla perché non si ha voglia di nulla; in cui ci si limita ad aprire un libro solo per richiuderlo poco dopo; in cui non è possibile neppure parlare, perché ogni altra persona ci è fastidiosa, e noi stessi siamo per noi un’altra persona. È uno stato in cui vuole abbandonarci ogni cosa che prima generalmente contava, per noi, mete, abitudini, vie, classificazioni, confronti, estri, certezze, vanità, tempi.
C’è in noi un oscuro e tenace, ancora remoto avanzare a tastoni di qualcosa di cui non sappiamo nulla; mai sospettiamo che cosa potrà essere; mai riusciamo ad aiutarlo nel suo cieco muoversi. Siamo sempre colti di sorpresa quando infine si manifesta; non riusciamo a renderci conto che ce lo portavamo in noi, proprio dentro, e tiriamo un respiro di sollievo, non senza stupore per il mondo indomabile che ci si porta dentro e che a lungo preferisce non manifestarsi.
ELIAS CANETTI, La provincia dell’uomo, 1973.
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