Murray Bookchin – nato a New York il 14 gennaio del 1921 e scomparso il 30 luglio 2006 – è stato non solo un importante pensatore libertario ma anche uno dei pionieri del movimento ecologista. In particolare egli è stato tra i primi a prefigurare la comparsa all’orizzonte di una grave crisi ecologica, scrivendo un saggio sulla questione ambientale già nel 1952 ed il suo primo libro, Our Synthetic Environment, nel 1962, precedendo di alcuni mesi il più noto Primavera silenziosa di Rachel Carson: Bookchin si è occupato quindi delle tematiche ecologiste quando queste non erano ancora riconosciute come un problema sentito a livello collettivo. L’originalità del suo pensiero può essere individuata soprattutto nell’aver ricondotto la crisi ecologica alle sue radici sociali, affermando di conseguenza la necessità di una radicale trasformazione sociale che sostituisca all’attuale società capitalistica una società ecologica.
[…] A partire dalla ricostruzione della biografia umana, intellettuale e politica di Bookchin emerge come egli abbia, per tutto il suo percorso di vita, affiancato all’attività intellettuale una prassi militante partecipando attivamente alle lotte sindacali, ecologiste e sociali del suo tempo, convinto che «il pensiero senza l’azione, la teoria senza la prassi, significherebbe l’abdicazione ad ogni responsabilità sociale». Risulta dunque particolarmente difficile trovare una definizione univoca della figura di Bookchin: operaio metalmeccanico, autodidatta, sindacalista, ecologista sociale, personaggio di spicco della controcultura americana, insegnante universitario, attivista militante passato dall’impegno giovanile nelle organizzazioni comuniste verso posizioni anarchiche, filosofo politico, municipalista libertario…
Al fine di comprendere meglio l’originalità e l’importanza dell’opera di Bookchin si è ritenuto opportuno fornire una ricostruzione del contesto ecologista a lui contemporaneo: dopo una breve introduzione ai termini ecologia ed ecologismo, spesso erroneamente giudicati intercambiabili, si è scelto di presentare le differenti posizioni ecologiste entrate in qualche maniera in relazione con l’ecologia sociale di Murray Bookchin, prestando particolare attenzione alla Deep Ecology e all’ecofemminismo.
L’origine sociale della crisi ecologica
L’interesse di Bookchin per le tematiche ecologiche si sviluppa a partire dalla percezione del rischio di una catastrofe ecologica imminente in grado di mettere potenzialmente in pericolo non solo la vita degli esseri umani ma anche l’esistenza del pianeta stesso. Egli non si limita però a questa constatazione ma cerca di comprendere le autentiche origini storiche e filosofiche della crisi ecologica al fine di proporre una possibile soluzione. L’originalità del suo pensiero consiste soprattutto nell’aver affermato come il problema ecologico sia in realtà un problema sociale che deve essere affrontato proprio a partire da tale base, e nell’aver individuato la causa della crisi ecologica nella rottura dell’equilibrio tra esseri umani e natura provocata dall’emergere della logica del dominio. L’aspetto fondamentale della Social Ecology risiede quindi nell’evidenziare l’origine sociale della crisi ecologica e nel constatare come il dominio sulla natura da parte degli esseri umani derivi dal dominio di un essere umano sull’altro: lo sfruttamento ambientale ha origine nelle gerarchie sociali emerse per la prima volta con lo sviluppo della famiglia patriarcale e giunte al massimo sviluppo nella società capitalista. Per questo motivo il ripristino dell’equilibrio tra gli esseri umani e la natura, necessario per la sopravvivenza del genere umano, deve per forza passare attraverso un cambiamento delle relazioni sociali che porti all’eliminazione della gerarchia e del dominio. Proprio in questo elemento risiede l’importante distinzione semantica compiuta da Bookchin tra ambientalismo ed ecologia, due termini spesso considerati sinonimi ma in realtà portatori di due opposte visioni della natura: mentre l’ambientalismo ha una concezione meccanicistica e strumentale della natura, concepita come un habitat passivo, che lo porta all’adozione di una politica riformista di riduzione del danno, l’ecologia sociale invece auspica l’abolizione del concetto di dominio umano sulla natura attraverso una politica radicale di trasformazione sociale che conduca all’eliminazione dei rapporti gerarchici tra gli esseri umani.
Per comprendere quando e come si sono sviluppati i concetti di gerarchia e di dominio, passaggio fondamentale per la loro eliminazione, Bookchin ripercorre la storia delle società umane partendo dall’analisi delle prime società caratterizzate dall’assenza di rapporti gerarchici e da un rapporto armonioso tra mondo umano e mondo naturale, da lui definite società organiche, per giungere fino all’emergere delle società gerarchiche.
L’emergere della società umana non è visto da Bookchin come un momento di frattura ma, al contrario, esso è inserito appieno all’interno del processo evolutivo naturale: per la risoluzione della crisi ecologica è dunque importante ricomporre il dualismo umanità e natura senza incorrere nell’errore di annullare l’una nell’altra. Per fare ciò Bookchin ricorre all’elaborazione di un naturalismo dialettico, base filosofica dell’ecologia sociale, il quale inserisce lo sviluppo umano all’interno del processo evolutivo naturale attraverso i concetti di prima eseconda natura.
Bookchin sostiene quindi con forza la necessità di «rifare la società» attraverso la costruzione di una società ecologica e razionale, basata sui principi delle società organiche. La trasformazione sociale non passa per Bookchin attraverso una politica riformista di stampo parlamentare, ma necessita della creazione di una nuova società, caratterizzata dall’assenza di rapporti gerarchici di qualsiasi tipo e resa possibile dall’emergere di una nuova sensibilità, di una nuova razionalità e di una nuova etica che si inseriscano in una prospettiva da lui definita come umanesimo ecologico.
Municipalismo libertario
In questo processo di trasformazione assume un ruolo centrale la definizione di una nuova tecnologia, nettamente contrapposta alle tendenze neoprimitiviste che auspicano un ritorno alla vita pre-tecnologica, e finalizzata a fornire un nuovo orientamento allo sviluppo tecnologico: Bookchin ritiene dunque importante inserire il progresso tecnico all’interno di una più vasta concezione etica di stampo ecologico e sviluppare una nuova tecnologia a misura umana che sia in grado di ristabilire l’armonia tra il genere umano e la natura. A questo proposito è significativo il ruolo attribuito da Bookchin, già a partire dal 1962, alle forme di energia alternativa in grado, a suo parere, di riportare il mondo naturale all’interno della vita quotidiana.
Tutto ciò determina la nascita di una nuova politica di base, fortemente ispirata alla democrazia ateniese, in cui è presente una chiara distinzione tra il potere decisionale e la sua esecuzione amministrativa: mentre il primo deve essere di competenza esclusiva di assemblee popolari, il secondo può essere affidato ad un corpo amministrativo delegato, eletto con mandato revocabile. La società ecologica deve dunque essere caratterizzata dalla pratica della democrazia diretta basata su assemblee popolari con pieno potere decisionale.
L’applicazione politica dell’ecologia sociale è costituita dal municipalismo libertario il quale auspica lo sviluppo di libere municipalità di dimensioni contenute, decentrate e caratterizzate dalla democrazia diretta. Il municipalismo libertario non rappresenta semplicemente una tattica politica ma costituisce, per Bookchin, la forma che la società deve effettivamente assumere per essere ecologica e razionale. Oltre al municipalismo, un ruolo importante viene ricoperto dal principio del confederalismo il quale rende possibile la realizzazione della «Comune non-autoritaria delle comuni» e la costituzione di un potere realmente alternativo a quello statale e con esso fortemente in contrasto.
Per Bookchin la nuova società non può prescindere neppure da un radicale cambiamento economico che sostituisca all’attuale economia di mercato un’economia municipalizzata e morale, caratterizzata dai principi della reciprocità e dell’interdipendenza ovvero basata sulla massima «da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni».
Tratto da: Selva Varengo, La rivoluzione ecologica. Il pensiero libertario di Murray Bookchin, Milano, Zero in condotta, 2020
link: www.zeroincondotta.org
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