Ringrazio il prof. Barbulescu e l’Accademia di Romania per l’invito a parlare di Noica in occasione del centenario della nascita.
Uno dei motivi per cui ho accettato con gioia l’invito risiede nel titolo scelto per il colloquio: C. Noica e la filosofia come salvezza. Infatti è un titolo che ha attirato immediatamente la mia attenzione.
Un’importante premessa che non posso esimermi dal fare è che conosco Noica come traduttrice piuttosto che come storica della filosofia. Nel contesto delle opere da me tradotte, il tema della salvezza appare, ma non in maniera preponderante. Per questo motivo, mi sono interrogata su cosa l’ontologia di Noica, soprattutto quella contenuta in ‘Devenirea întru fiintă’ abbia da dire di significativo sul tema della salvezza.
La risposta che ho trovato in alcuni passaggi che citerò tra breve suggerisce che il tema della salvezza in Noica è associato all’idea di cultura.
La nozione di cultura in Noica
Dunque, per prima cosa, sarà opportuno ricordare che cosa sia per Noica la cultura. Noica descrive la sua idea di cultura in vari modi, ma tutte le definizioni presentano alcune caratteristiche in comune. In primo luogo, esse si basano su una distinzione fondamentale tra le istanze di ‘universale’, ‘particolare’ e ‘determinazione’. Ad esempio, gli Scrisori despre logica lui Hermes distinguono tra orientamenti della cultura alla determinazione, all’universalizzazione, alla particolarizzazione e loro combinazioni. Un altro tema ricorrente nell’idea noichiana di cultura è la sua identificazione con l’insieme omogeneo di lingua, folclore e credenze riscontrabili in una certa area geografica, area geografica spesso associata ad un’altra idea, quella di nazione.
Ma vediamo da vicino alcune definizioni di cultura secondo Noica. Nel Trattato, la cultura è spesso associata all’idea di cura (ingrijirea) e modellamento (modelarea) (per es. la cultura dovrebbe essere la forma superiore di “cura” (ingrijire) dell’uomo.1 La parola ‘îngrijire’ è usata nella filosofia romena anche per tradurre la parola ‘Sorge’, utilizzata ad esempio da Heidegger in Essere e Tempo. Noica stesso rende esplicita questa relazione nella sua trattazione della nozione heideggeriana di Sorge all’interno del Saggio sulla filosofia Tradizionale (ad es. a pag. 108 e segg, Incercarea p. 123). Tuttavia, la definizione di cultura come ‘curà presente nel Trattato non si inserisce in un contesto esplicitamente heideggeriano. È vero che l‘idea di cura viene introdotta una trentina di pagine prima assieme alle nozioni heideggeriane di paura e temporalità. Ma è anche vero che nelle trentadue pagine intermedie, Noica sviluppa una posizione filosofica personale, persino in opposizione, per certi versi, a quella di Heidegger (ad esempio, egli contrappone l’idea di chiusura che si apre al carattere angusto (îngustimea) dell’itinerario intrapreso in Essere e Tempo.2 Alla luce di tutto ciò, risulta opinabile definire il concetto noichiano di ‘cura’ come mera Sorge. Tornando alla nostra definizione, cosa vuol dire che la cultura è da intendersi come ‘cura’? Purtroppo non ci sono passaggi tremendamente chiarificatori a tal proposito. Possiamo solo tentare di rispondere via negativa. Nel Trattato Noica dice che la cultura resta immotivata quando non ‘coltivà l’uomo, quando si limita a rappresentare una forma di evasione dal reale. La cultura come ‘non-curà costituisce un’elusione della sua responsabilità ontologica.3 Da tali riflessioni, si può dedurre che una cultura che sia definibile come tale deve essere ben radicata nella realtà. Tale radicamento nella realtà è la premessa fondamentale per una relazione autentica tra l’uomo e le cose che sono. In questo senso, la cultura è cura: essa nutre e protegge (la parola romena è ‘cultivare’) l’essenza dell’uomo.
La cultura come cura è una cultura che si preoccupa di non cadere nel non-sense ontologico. In particolare, è una cultura che cerca di preservare una significatività dell’essere per l’uomo. A tal proposito, vorrei citare un altro passaggio, tratto dalle prime pagine del Saggio sulla filosofia tradizionale, che propone questo concetto:
Dice Noica: “Il divenire entro l’essere si mostrerà a noi effettivamente come un principio ordinatore: mediante esso, il reale acquisisce il carattere di realtà, nella misura in cui è sottratto al cieco divenire e restituito all’essere. Ma tale trasposizione può essere effettuata solo mediante l’uomo, senza il quale il divenire rimarrebbe divenire, fluire, varco cosmico, incompiutezza. L’uomo, a sua volta, acquisisce tale virtù con la cultura. Egli non è dotato di per sé del senso dell’essere, non colloca le cose al loro posto né le porta, abitualmente, a compimento. Solo mediante la cultura l’uomo acquisisce l’abilità di discernere in seno alla realtà e di organizzare ciò che ha visto”.
Tornerò su questo passaggio perché denso di contenuti. Per ora ci basti notare che tramite la cultura l’uomo si prende cura delle cose che sono. La cutlura permette all’uomo di 1. collocare le cose al loro posto (‘a rindui lucrurile la locul lor’) e 2. portarle a compimento (‘a duce lucrurile la implinire’, p. 59). Inoltre, si stabilisce che la cultura aiuta a discernere la realtà e ad organizzare l’esperienza. Anche l’idea di cultura come modellamento ben si adatta a questa descrizione. Tuttavia, è plausibile ritenere che la nozione di modellamento presenti una duplicità: in un senso, l’uomo modella le cose (le riconosce, attribuisce loro una caratterizzazione ontologica sottraendole alla vacuità del mero divenire), ma in un altro senso l’uomo modella anche se stesso. Nei Manuscrisele de la Cîmpulung, Noica aveva già anticipato il tema della cultura come cura dello spirito ed educazione. Nel Jurnalul de idei egli riformula la massima ‘homo homini lupus’ come ‘homo homini curator’. Nel Trattato, infine, questo tema è ripreso ed ampliato. Riguardo all’idea di compimento, vorrei aggiungere una cosa: talvolta, come nel passaggio appena citato, Noica menziona il compimento delle cose; talaltra, egli allude al compimento del mondo (ad esempio in questo passaggio: cosa fa l’uomo con la cultura e la filosofia? Contempla il mondo o, come si è talvolta detto, lo “trasforma”, lo completa per ciò che gli compete e ritrova il suo compimento?5 È discutibile se l’idea di mondo in Noica possa essere definita come ‘insieme delle cose che sonò. A mio avviso, ci sono passaggi in cui tale identificazione ha la sua ragion d’essere. Tuttavia, in altri casi, la nozione di mondo non è semplicemente questo insieme. Essa descrive, piuttosto, l’orizzonte ontologico entro il quale le cose che sono prendono vita e conducono la loro esistenza. In conclusione, la cultura introduce al compimento non solo delle cose che sono, ma anche dei loro ambiti, o, per dirla con le parole di Noica, dei loro elementi (a sostegno della tesi che cultura ed elementi sono strettamente legati, Noica attribuisce alla cultura ‘un’esplosione demografica in fatto di elementì).6
Abbiamo definito la nozione noichiana di cultura, almeno per quanto riguarda le linee essenziali del suo pensiero nei primi anni ’80. Ora, vorrei analizzare la concezione soteriologia della cultura in Noica. In svariate occasioni, dagli scritti giovanili a quelli della maturità, Noica suggerisce che la cultura è qualcosa di salvifico. Ad esempio, nelle Sei malattie dello spirito contemporaneo, Noica vagheggia una cultura che salvi l’uomo dalle forme di sapere vuote. Grazie al suo operare universalizzante, la cultura par excellence salverebbe anche dallo sbandamento dell’uomo contemporaneo, sbandamento definito come assenza di istanze generali e come estraniazione dalla sostanza delle cose. In un frammento raccolto nel Jurnalul de Idei, la cultura è definita ‘medicina mundì (Frammento 28).
Quale cultura?
Innanzi tutto, a quale cultura Noica si riferisce? Noica parla spesso della cultura in generale, ma in realtà ha in mente una precisa tipologia di cultura. Egli distingue tra culture occidentali e orientali, europea, indiana, cinese, anglosassone, greca, francese e, ovviamente, romena; tra culture del passato (classica, medievale, rinascimentale e moderna), cultura contemporanea e cultura di domani; infine tra culture scientifiche, cultura matematica, cultura della logica, umanistica. A causa di tale frammentazione, risulta difficile attribuire all’idea noichiana di cultura una caratterizzazione univoca. Ad ogni modo, è ricorrente l’idea che la cultura europea in particolare sia quella portatrice dei valori più fertili e ed educativi. La cultura europea è talvolta vista da Noica addirittura come l’unica vera cultura. Nella contrapposizione tra culture di tipo scientifico e quelle di tipo umanistico, invece, la funzione soteriologica non necessariamente è attribuita a quest’ultima. Ad esempio, in ambito contemporaneo, Noica vede la cultura umanista allo stallo, e osserva che anche quella scientifica subirebbe lo stesso destino se la tecnica non la salvasse dal probabile scacco. Ciò non implica, comunque, che la tecnica porti con se’ una genuina salvezza per l’uomo. In una conferenza radiofonica del 1940, Noica afferma che la cultura come istanza di salvezza, capace di restituire un senso all’uomo, nutrire il suo spirito e indirizzarlo entro l’essere, è la cultura umanistica. Essa è esattamente ciò che il mondo odierno richiede, accanto alla pratica delle virtù e dell’amore per l’uomo, alla rivalutazione della vita nella sua quotidianità e dell’esistenza umana in quanto tale. Noica aspira a promuovere tali valori nella loro dimensione assoluta e sovrastorica, come sfida quotidiana per l’essere umano.
Da che cosa si è salvati?
In secondo luogo, è utile chiarire da che cosa in particolare la cultura salvi. Si può rispondere, in modo abbastanza intuitivo, che la cultura salva dall’imbarbarimento della civiltà. Questa è , infatti, una delle tesi principali presenti ad esempio in Creaţie şi Frumos în rostirea românească.7 Ad ogni modo, Noica è preoccupato anche da un altro tipo di deriva della civiltà. La scienza odierna rischia di trascinare l’uomo in una realtà alienata e sterile, chiusa al confronto, all’arricchimento attraverso il dialogo, alla dialettica vivificante. Il seguente passaggio, tratto dal Jurnalul de Idei dice da cosa, secondo Noica l’uomo deve salvarsi: da ‘una scienza arida, senza sfumature, senza finezze, monosemantica, senza sensò, capace solo di generare una pseudo cultura ‘stagnante, capace di scomparire dalla storia’. L’uomo è tenuto a fuggire il non-essere culturale, l’assenza di una meta finale, di ideali che in termini ontologici significa assenza di istanze generali. Noica deplora la caduta dell’individuale in un processo di estrema determinazione, e al tempo stesso deplora la degenerazione delle scienze verso ciò che egli definisce ‘infinito negativo’. Quando le possibiltà vuote conquistano il primato sulla realtà, l’uomo diventa uno ‘spettro’, un ‘Homunculus’ (Pregate per il fratello Alessandro, p. 56 e seguenti). L’astrazione vuota, il relativismo e lo scetticismo esasperato sono la barbarie da cui Noica mette in guardia (in tale posizione sembra riecheggiare il monito dell’Husserl della conferenza di Vienna nel 1935 e, soprattutto, nella Crisi delle Scienze Europee). A tutto ciò, Noica intende contrapporre una cultura di valori umani forti e soprattutto di apertura all’essere in se’. La cultura è chiamata a divenire lo ‘stimolo ontologico’ e ‘l’agente dell’essere’, come ricordano anche i Diaconu nel loro dizionario.8 Gli obiettivi di tale cultura saranno, dunque, la cura dello spirito e la promozione di valori quali la creatività, la libertà e la responsabilità individuale. Purtroppo non abbiamo tempo, in questa sede per approfondire e contestualizzare nella filosofia di Noica la trattazione di tali valori, ma basti ricordare che essi costituiscono il costante scopo a cui tende il pensiero di Noica, sin dagli scritti giovanili fino a quelli della piena maturità; passando peraltro per un’importante e ammirevole concretizzazione: la scuola di Păltinis.
Chi o cosa è salvato?
In terzo luogo, vorrei menzionare chi questa cultura salvi. Anche se appare subito abbastanza chiaramente che l’oggetto della salvezza è l’uomo, ci sono passaggi del Noica maturo che non si riferiscono direttamente all’uomo come beneficiario della funzione soteriologica della cultura. Nel Saggio sulla filosofia tradizionale,9 Noica osserva che la sete di assoluto si esprime sì, attraverso l’uomo, ma è sintomo di qualcosa di ancora più diffuso e universale, che è la tensione di tutte le cose verso l’essere. La cultura è il veicolo per esprimere il bisogno di divenire entro l’essere. L’uomo si distingue dalle altre cose che purtuttavia tendono all’essere perché egli possiede anche una coscienza di tale tensione, una coscienza che Noica riconosce come razionale. Dice Noica a p. 172: Solo un essere “razionale” può riorientare, con il suo divenire razionale entro l’essere, tutto il resto.
La trattazione del tema della cultura nel Saggio sulla Filosofia tradizionale mi sembra una delle più interessanti perché conferisce all’idea di ‘cultura come salvezzà un più ampio respiro. La visione di Noica incoraggia a considerare la cultura non solo un bene per gli esseri umani, ma anche un bene per l’essere in generale. La cultura non si limita ad essere funzionale all’uomo, ma rivela un valore intrinseco ancora più profondo, meta-antropologico, direi. Non è più la cultura a dover fare qualcosa per noi, ma siamo noi, forse, a poter fare qualcosa per la cultura e, di riflesso, per l’essere in generale. Questo pensiero riecheggia in qualche modo le osservazioni di Heidegger nelle prime pagine di Introduzione alla Metafisica, in cui il filosofo tedesco esorta ad abbandonare la domanda ‘a cosa ci possa servire la filosofia’, invitando piuttosto a chiedersi cosa noi possiamo fare per la filosofia. È indubbio che Noica sia stato un appassionato ammiratore di Heidegger, ma purtroppo non ho elementi a sufficienza per stabilire quale sia l’esatta connessione tra l’idea di cultura in Noica e quella di filosofia in Heidegger. Tuttavia, ciò che mi interessa in questa sede è stabilire quale sia la connessione tra l’idea di cultura e l’idea di filosofia in Noica, anche per ricollegarci al titolo di questo intervento e, in ultima analisi, di questo simposio. Per Noica la cultura è lo sforzo umano ad elevarsi allo spirito, limitando senza limitare (‘La cultura umana tende a trasformare le limitazioni che limitano in limitazioni che non limitano’, Trattato p. 98). La saggezza e l’amore per la saggezza, quindi la filosofia intesa nel suo senso etimologico) ha luogo solo mediante la cultura (frammento 267, Jurnalul de Idei). Possiamo dunque concludere che per Noica la cultura ha una funzione soteriologica nella misura in cui è dimora della filosofia.
Torniamo ora al passaggio sul collocamento delle cose e sull’organizzazione dell’esperienza. Abbiamo detto che tale passaggio aiuta a rileggere l’idea di modellamento della realtà come auto- modellamento operato dall’uomo su se stesso. Ora, l’idea che l’uomo modelli se’ stesso tramite la cultura è ciò che implica più di ogni altra la nozione di salvezza. Infatti, l’auto-modellamento è la via per salvarsi dall’incompiutezza e dalla rarefazione del divenire. Nei Manoscritti di Cimpulung, Noica aveva già compiutamente formulato questa tesi. Come osserva Diaconu, egli prospetta la possibilità di un salto dai valori autoctoni della cultura locale a una cultura capace di rappresentare valori più generali, una cultura più universale. L’auto-modellamento in questo caso equivale all’impegno di ciascun individuo a trasformare il mondo in una realtà carica di senso, una realtà onticamente autentica. Ciò implica il superamento delle preoccupazioni personali e degli interessi localizzati, verso l’elevamento spirituale dell’Uomo con la U maiuscola, o come dice Noica, ‘omul cinstit’.
Quale salvezza? Cultura e ordine
Il quarto e ultimo punto del mio intervento verte intorno alla domanda su che cosa significhi ‘salvezza’. Come abbiamo visto dai passi citati precedentemente, la nozione di salvezza in Noica implica l’idea di una cultura superiore, di un ritrovamento di senso, di un nuovo umanesimo. Tuttavia, ognuna di queste idee sarebbe incompleta se non fosse fondata su una categoria essenziale per Noica: quella di ordine. In Devenirea intru fiinta Noica stabilisce che salvarsi implica il ‘rientrare nell’ordine dell’essere’. L’insieme delle cose che sono si organizza in un cosmos ordinato. Ma cosa ha a che fare la cultura con tutto questo? Beh, la cultura è l’atto dell’uomo che sancisce questo ordine. È l’uomo infatti, a ratificare l’ordine delle cose tramite la conoscenza e il logos. In particolare, l’uomo è l’essere preposto alla nomenclatura delle cose che sono: questo è il presupposto ontologico della cultura. Ecco un passaggio tratto dal Saggio sulla Filosofia tradizionale che spiega questo concetto:
‘E come Adamo era preposto a dare un nome ad ogni essere vivente, e il nome che egli dava si fissava – poiché equivaleva a sottrarre al caos e a qualificare entro l’essere – così l’ordine che si palesa mediante l’uomo nelle cose è anche ordine di tali cose medesime, non solo dell’uomo (mia enfasi)’.
Abbiamo più volte menzionato la tendenza all’universalizzazione come tratto caratteristico del processo culturale. Nell’aspirare all’universale l’uomo attinge agli ambiti o elementi universali. Per la precisione, non solo vi attinge, ma li trasforma anche in ambiti interni. Dice Noica: ‘Così la cultura, che all’inizio rappresenta un perfetto medio esteriore, con il suo universo di conoscenze che devono essere apprese e di documenti che devono essere consultati, diviene alla fine un medio interiore, nel caso delle cose realizzare in essa e che si elevano al potere mediante quella’.11 La cultura viene così a costituire un processo di interiorizzazione dello spirito del mondo. Tramite la cultura, l’oggettività del divenire entro l’essere diviene una specie di soggettività trascendentale, per tornare ad usare le parole di Husserl, a cui ho brevemente accennato prima. Nelle parole di Noica, invece questo processo di trasformazione è così descritto: ‘la cultura e la vita dello spirito non fanno che riflettere le vie per l’essere. Poiché, effettivamente, cosa significherebbe la cultura se non fosse l’insieme delle modalità di accesso all’essere, tentate dall’uomo?’ (Tratat, p. 232). Ma in che senso possiamo dire che questo complesso meccanismo culturale si fonda sulla nozione di ordine? Noica dice che nel trasformare il medio esterno in medio interno, l’uomo sradica il disordine del mondo e allo stesso tempo fa ordine in se’ stesso. Il tema della creazione dell’ordine interiore (e del suo mantenimento) diviene, così, un tema centrale nella ‘teleologià di Noica. Egli osserva: ‘Il bello, il vero e la loro cultura non possono essere positivi fino in fondo se non hanno apportato ordine in noi e un aumento di ordine nelle cose’. La sua ontologia diviene un percorso verso un sistema di valori e leggi validi per l’uomo e per le cose, in cui si aspira ad un telos che è compimento e perfezione.
Ora, c’è un’obiezione importante che potrebbe essere mossa al connubio di cultura e ordine in Noica. Infatti, una cultura fondata sull’ordine sembra non rendere giustizia all’imperfezione costitutiva delle cose che sono e dell’uomo. Possiamo cercare di rispondere a tale obiezione osservando brevemente due punti. Innanzi tutto Noica è ben cosciente dell’imperfezione costititiva degli essenti. Egli ne parla diffusamente nelle Sei malattie dello Spirito contemporaneo e nel Trattato di ontologia, facendone uno dei temi cruciali del suo pensiero. Per questo motivo, non possiamo assumere che gli sia sfuggita ciò che a noi appare come una discrepanza. In secondo luogo, l’idea di ordine che Noica associa alla cultura è molto articolata. La cultura è in grado di catalogare le cose con le loro imperfezioni e con la loro vivificante tendenza alla perfezione. Tali caratteristiche sono essenziali caratterisitiche di ogni essente e non sembrano contraddire l’ordine in cui la cultura le colloca. A tal proposito Noica afferma che ‘l’essere perdona le deviazioni da sé, pronto a investire di nuovo persino ciò che lo dimentica o lo rinnega’.12
Conclusioni
In conclusione, possiamo affermare che la nozione di cultura in Noica ha importanti significati soteriologici. Ho cercato di stabilire un signifcato di base per la parola ‘cultura’ in Noica, ma mi sono anche interessata a quale tipologia in particolare di cultura Noica alluda nei passaggi chiave soprattutto di Devenirea intru fiinta. Ho anche tentato di rispondere alle domande su chi sia salvato e da cosa lo sia, e infine che cosa veramente significhi l’essere salvato in specifici contesti. Si tratta di domande a cui Noica ha risposto in decine di opere nelle forme più diverse e la mia pretesa è ben lungi dall’esaurire le immense risorse bibliografiche a tal riguardo. Quello che possiamo dedurre dai temi menzionati in questa sede è che cultura e filosofia sono strettamente legate nell’impianto soteriologico noichiano. Di più, la cultura richiede di essere sostenuta da una vera e propria coscienza filosofica, al fine di ‘elevare le cose ai prototipi o all’essere che è loro proprio’. In un passaggio del Saggio Noica riassume: ‘Il divenire entro l’essere, con il cerchio che arreca, implica pertanto la realtà umana; la quale a sua volta, presuppone l’atto di cultura e, infine, la coscienza filosofica, la sophia. Ciò significa che il reale umano, la cultura e la sophia sostengono metafisicamente il mondo: non si tratterebbe solo di conoscenza dell’essere, ma l’uomo, la cultura, la sophia sottraggono il mondo alla condizione di semplice divenire, lo perfezionano, elevandolo al grado di essere’. (p. 31). Cultura, salvezza e filosofia si rivelano, in tal modo, il fine, il telos del progetto noichiano. Essi divengono i capisaldi di quella coscienza planetaria13 che Noica vagheggia nella parte più matura del suo pensiero. Tuttavia Noica mantiene in primo piano lo stato di precarietà e imperfezione costitutivo delle espressioni secolari dell’essere: la cultura può essere dimora dell’ontologia e salvare l’uomo solo se quest’ultimo si apre dialetticamente all’incompiutezza del mondo.
Tratto da: Solange Daini, Constantin Noica e la cultura come salvezza, UCD Roma, 4 Giugno 2009