Sui visi

Quello che mi ha sempre profondamente turbato è la naturalezza con la quale la maggior parte della gente porta il suo viso. Se un viso mi piaceva e l’altro no, per colmare la misura, si aggiungeva la scusa di un terzo argomento imparziale: l’uomo non può far niente per il suo viso. Nessun punto di vista è più insostenibile: infatti la responsabilità che uno si assume per il suo naso lungo è fondata per lo meno quanto quella che egli si accolla per le sue convinzioni politiche. Per le convinzioni politiche l’uomo, nella maggior parte dei casi, non può essere in alcun modo ritenuto responsabile, perché esse gli derivano dalla nascita, da un’educazione sbagliata, da un’innata debolezza della disposizione spirituale o dal nefasto esempio dell’ambiente. Un difetto fisico al contrario nasce da una mancanza di riguardo che colpisce molto penosamente data la copiosa possibilità di scelta nelle forme di suicidio. Ho notato che gli afflitti da un viso, sul quale la creazione ha impresso il marchio della merce di scarto, non solo non indietreggiano timidamente al cospetto della deturpazione dell’immagine estetica del mondo, ma fanno il possibile per attirare l’attenzione del prossimo. Si può essere sicuri che uno, fornito di orecchie a sventola, non coglierà mai la critica che il suo viso somiglia al vaso da notte del re Attila, ma vivrà credendo di somigliare al ritratto di Dorian Gray. Neanche l’ombra di pentita rassegnazione per il fatto di essere uno sgorbio! Invece la sicurezza che traspare da simili tratti porta alla conclusione che il felice proprietario di quel viso lo ritiene la forma definitiva tra tutte quelle possibili e immaginabili, si, la forma che nei futuri atti creativi verrà presa in considerazione come l’unica determinante e decisiva per la moda. La bellezza è troppo ambiziosa per potersi considerare perfetta, mentre niente vince la superbia di una bruttezza congenita. Chi la assolve della sua responsabilità, offende la sua autocoscienza. L’«io sono qui, non posso fare altrimenti» è una scusa che giustifica tutto.

È invece assolutamente riprovevole il fatto di somigliare ad un altro. I lineamenti del viso sono l’unica caratteristica per cui il volgare si distingue dal quotidiano. Se essa manca, ne deriva una confusione irrimediabile: in Germania si cerca di porvi rimedio, andando tutt’al più in direzione delle punte dei baffi. Ma proprio a questo riguardo la vanità può avere un ruolo fatale e creare somiglianze che mettono nel più grave imbarazzo chi le nota. In sé e per sé è già uno spettacolo orrendo che si gridi «hurrà» per sbaglio. Sarebbe però addirittura funesto se una manifestazione simile fosse diretta a un caporale che porta i baffi secondo la moda di una volta, proprio mentre passa, senza essere riconosciuto, un ufficiale superiore, che non si è ancora immedesimato e conserva un’espressione mite… In ogni caso, nella vita le somiglianze provocano le più sgradevoli complicazioni. Basterebbe forse rimproverare alla creazione una certa pigrizia, se essa invece non avesse dimostrato, con l’istituzione dei gemelli, una pianificazione del processo che si regola da sola. Sono immense le difficoltà a cui si va incontro, se si pensa a un asino e si picchia suo fratello; in questo caso l’unico conforto è la speranza che le percosse siano capitate a un altro asino. Qualunque cosa succeda, i gemelli devono incolpare se stessi. È uno spettacolo impagabile vedere come uno trascini sempre con sé l’altro. Recentemente si è letto che uno di due gemelli si era stancato di questa situazione e perciò si sono sparati tutti e due. Erano ufficiali e ambedue erano arrivati al grado di maggiore. Correva voce che da alcuni anni lottassero con i debiti. Pareva che avessero subito gravi perdite a carte e ai cavalli. Rischiavano perciò d’esser degradati. Non erano riusciti a pagare una cambiale; perciò andarono al comando, ritornarono a casa all’una meno un quarto, scrissero parecchie lettere, mandarono i loro attendenti a recapitarle e si spararono. Uno nell’angolo destro della stanza alla tempia sinistra, e l’altro nel lato sinistro alla tempia destra. Finalmente erano riusciti a differenziarsi. Se, in condizioni più favorevoli, avessero continuato a vivere, il caos li avrebbe alla fine ridotti alla disperazione. Infatti il rapporto si chiude con la dichiarazione che «fatto notevole, i due fratelli avevano sperato di risolvere i loro problemi con un matrimonio, che però non era andato in porto». Comunque, uno dei due avrebbe dovuto mantenere ciò che l’altro aveva promesso, se questo non si fosse dimenticato di ciò che l’altro non seppe ricordarsi. Questi rapporti confusamente intrecciati avevano provocato la morte dei gemelli. La natura si decide per i gemelli soltanto in casi estremi. Essa produce duplicati quando un solo esemplare non è stato sufficiente per la creazione di uomini dozzinali, data la mancanza di personalità disponibile. Che uno debba sospirare quando l’altro è innamorato è una situazione ridicola, che uccide anche senza la perdita del comune grado di ufficiale.

Spesso però anche la somiglianza tra padri e figli ha le più tragiche conseguenze. Sarebbe semplicemente un problema familiare, se non si presentassero occasioni di arrabbiature pubbliche nei casi che riguardano figli di padri famosi. È già triste di per sé che uomini, i quali esplicano un’attività creativa in un campo qualsiasi, nutrano l’ambizione di farlo anche in campo sessuale; bisognerebbe per lo meno badare che nella prole venisse soffocata in nuce qualsiasi traccia di somiglianza. Per l’amor del cielo, che ne sarà di un giovane assolutamente incapace di comporre, ma che ha lo stesso aspetto del padre, musicista famoso? Non c’è bisogno di essere figli di un grande compositore per non essere in grado di scrivere una nota. La cosa triste però non è l’incapacità, bensì la somiglianza. Ecco, il padre è morto in un palazzo a Venezia71, gli stranieri si recano in pellegrinaggio alla sacra salma, mentre al Lido sta facendo il bagno la spoglia terrena del caro estinto; e anche questo fatto resta indimenticabile per gli stranieri. Si ammira uno scherzo di natura, mentre si dovrebbe condannarlo. A che servono questi inganni della natura? Per turbare con le somiglianze, basta soltanto un profilo ritagliato nello schermo: una vecchia mette il viso nel buco, si mette su una sedia nel giardino di un’osteria e dice: «Adesso lor signori vedranno Richard Wagner. Prima però chiedo una piccola mancia o douceur…… Oggi vaga per l’Europa qualche indegno portatore di un nome famoso. Per un falso sentimento umanitario si è trascurato, a suo tempo, di spedirlo nel Caucaso, nelle montagne di Dovre o nella Svizzera sassone, per cui ora siamo costretti a vedere che le conseguenze sessuali predominano sulla più nobile creatività degli uomini celebri. Li si costringa almeno, con una legge, ad adottare uno pseudonimo ed un altro taglio della barba; si aspetti poi di vedere se sono ancora capaci di vivere. n figlio di Goethe non ha meritato sotto nessun aspetto di essere accolto nell’edizione delle opera omnia del padre. Se però uno ha un aspetto tale, che deve scrivere lo Slernengebol perché rimanga in gola l’esclamazione: «Tutto suo padre! .., si finisce per maledire l’eterna presa in giro della natura. No, le somiglianze sono un disastro. Non servono neppure alla mania di grandezza tipica dei figli di padri famosi. Egli infatti sarà sempre convinto di conservare anche in ciò la propria autonomia.

[da: «Die Fackel.., nr. 256, , giugno 1908, pp. 3-8]

 

Tratto da: Karl Kraus, Elogio della vita a rovescio

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