Tv spazzatura, controllo sociale e propaganda: soprattutto i giovani vittime del trash e della mediocrità

Violenza: la vera protagonista in tv

Bestemmie, bullismo, insulti, aggressioni. In queste settimane la violenza è stata protagonista della televisione generalista italiana con la nuova stagione del Grande Fratello e dei relativi talk show.

Specchio del lato peggiore e più volgare della nostra società, si stanno imponendo modelli (sulla falsariga estera) di uomini e donne sguaiati, ignoranti, violenti, mostruosamente rifatti e gretti in modo da aumentare la morbosità del pubblico e sdoganare comportamenti sempre più mediocri. Sta cioè andando in onda lo spettacolo della banalità: un modo per distrarre l’opinione pubblica dai problemi che assillano il Paese e per imporre nuovi costumi e nuovi modelli “fluidi” nell’opinione pubblica.

I giovani, vittime del trash e della mediocrità

L’imposizione di modelli sempre più triviali, soprattutto tra i più giovani, serve ad appiattire l’opinione pubblica su canoni estetici e culturali squallidi, rendendoli di fatto un modello da ammirare e imitare. Saranno i più giovani a subire maggiormente il fascino della mediocrità e a tentare di emularla. Dietro alla cornice del puro intrattenimento, si trasmette infatti alle nuove generazioni un modello basato sull’ignoranza e la mediocrità.

Lo spettacolo, sempre più trash, funge anche da faro morale, estetico ed etico soprattutto per i più giovani. Chi “lavora” e vive di spettacolo, diviene un’icona e un modello da seguire, modificando pertanto gli usi e costumi della società: se chi sta in TV ce l’ha fatta, vuol dire che deve essere emulato per conseguire soldi e successo.

E se le star e starlette di riferimento non sanno fare niente (né cantare, né ballare, né recitare), poco importa, ci si può identificare meglio e illudersi di poter diventare “qualcuno” senza doversi impegnare, studiare, frequentare scuole di perfezionamento.

Il Grande Fratello: da Orwell al Grande Fratello “VIP”

Dalla pubblicazione di 1984 a oggi, l’espressione “Grande Fratello” viene utilizzata per indicare un tipo di controllo invasivo da parte delle autorità, uno stato di polizia totale o l’aumento tecnologico della sorveglianza.

Per ironia del destino, la televisione ha reso altrettanto celebre l’espressione usandola per battezzare l’omonimo reality show che ha rivoluzionato l’estetica e il modo di fare TV. Nel format “Grande Fratello” persone sconosciute (o celebri nella versione VIP) accettano di farsi rinchiudere in un appartamento sotto il controllo costante delle telecamere in modo che il voyerismo del pubblico possa cibarsi costantemente delle immagini della vita quotidiana di costoro. Non c’è più nulla di “rubato”, le telecamere non sono nascoste ma finiscono per essere “dimenticate” dagli inquilini della casa e la loro esistenza viene ripresa costantemente dall’occhio del Grande Fratello.

Nel nostro quotidiano dominano ormai il voyerismo e la sete di dettagli morbosi. E nell’epoca della post-verità, conta poco il reale, quando la sua interpretazione mediata dalle immagini: anche il giornalismo ha riplasmato se stesso su questa nuova forma estetica, svuotando l’informazione e portandola sul mero piano del gossip pur di acchiappare “clic” e ottenere consenso.

Il sogno? Essere sorvegliati e controllati per diventare famosi

Laddove in 1984 era descritto come un incubo totalitario, oggi la sorveglianza e il controllo vengono visti come un’occasione per mettersi in mostra e diventare “famosi”. Siamo noi a offrire continue immagini e informazioni sui social network pur di apparire e mostrare ogni aspetto della nostra vita (seppure il più delle volte contraffatta, irreale). La privacy è abolita e la sorveglianza desiderata (per poi “indignarsi” di fronte a scandali come il caso Cambridge Anaylitica)

I 15 minuti di celebrità di warholiana memoria sono finiti per dilatarsi in una spettacolarizzazione globale della vita quotidiana in cui la realtà viene fagocitata dalle immagini. È lo spettacolo che cannibalizza il reale. Lo spettacolo ha cioè svuotato di significato la lezione orwelliana per consegnare alle nuove generazioni il sogno di poter essere controllati anche nella propria intimità. Non solo: costoro si sottopongono, come vittime sacrificali, a processi mediatici dai risvolti sociali tesi a inculcare nell’opinione pubblica nuovi costumi e a biasimarne altri.

Bulimia sessuale e adolescenza perenne

Viene inoltre proposto il modello di bulimia sessuale e di immaturità sentimentale cronica in cui si sono ormai immedesimati anche gli adulti: ciò spinge tutti, indipendentemente dall’età, a pensare e ad agire come degli eterni adolescenti. E gli adolescenti sono ovviamente più facilmente “manovrabili”.

La saturazione illimitata del piacere ha dato vita a un nuovo essere umano, un adolescente perenne che segue esclusivamente la bussola delle proprie emozioni usando sempre meno la propria coscienza critica ed eludendo il ragionamento. Finisce così per credere a ciò che preferisce e gli piace, a ciò che “risuona” meglio, a chi lo convince perché riesce a far leva sulle sue emozioni, a chi lo rassicura ripetendo fino allo sfinimento lo stesso slogan. Vive di empatia e si adagia sui mantra del buonismo e del politicamente corretto che lo rasserenano.

Per immunizzarci da questo meccanismo, dovremmo renderci conto che il potere non è interessato a “emancipare” l’uomo o a renderlo “adulto” quanto semmai a controllarlo sempre meglio, indirizzando le sue scelte dopo essere penetrato nella sua anima, nel suo immaginario, anche attraverso lo spettacolo.

Di Enrica Perucchietti

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