Poesia del tramonto
Alta marea del fiume, che scorre sotto di me! Ti guardo dritto in faccia,
Nubi dell’ovest, sole alto ancora per mezz’ora, anche voi vi vedo faccia a faccia.
Folle di uomini e donne con addosso i soliti abiti, quanto mi sembrate strani!
Sui traghetti le centinaia e centinaia di persone che attraversano il fiume mi sembrano più strane di quanto tu possa immaginare,
E tu che attraverserai da una riva all’altra fra molti anni, sei per me e per le mie meditazioni più di quanto tu possa immaginare.
L’impalpabile sostentamento che traggo da ogni cosa ad ogni ora del giorno,
Il semplice schema, compatto e ben organizzato – io stesso disintegrato, tutti disintegrati, e tuttavia parte dello schema –
Le similitudini del passato e quelle del futuro,
Le glorie, infilate come perline sull’esile filo – di ciò che vedo e sento – delle passeggiate per strada – delle traversate sul fiume,
La corrente che rapida irrompe e nuota con me, via lontano,
Gli altri che mi seguiranno, i legami fra me e loro,
La certezza degli altri – la vita, l’amore, la vista, l’udito degli altri.
Altri attraverso i cancelli dei traghetti passeranno da sponda a sponda,
Altri osserveranno l’alta marea che monta,
Altri guarderanno il traffico navale di Manhattan a nord e a ovest, e le colline di Brooklyn a sud e a est,
Altri guarderanno le isole, grandi e piccole,
Fra cinquant’anni altri le osserveranno attraversando il fiume, il sole alto sull’orizzonte ancora per mezz’ora,
Fra cent’anni o fra tante centinaia di anni, altri le osserveranno,
Si rallegreranno del tramonto, del montare dell’alta marea e del ritrarsi dell’acqua alla bassa marea.
Non serve né tempo né luogo – la distanza non serve,
Io sono con voi, voi uomini e donne di una generazione o di tutte le generazioni a venire,
Mi proietto e poi rientro – sono con te, e so com’è.
E tutto ciò che tu provi quando guardi nel fiume e nel cielo, l’ho provato anch’io,
E proprio come ognuno di voi è parte di una folla viva così anch’io sono stato parte di una folla viva,
E proprio come tu ti senti ristorato dalla freschezza del fiume e dal suo flusso luminoso, mi sento ristorato anch’io,
E proprio come tu, anche se fermo e chino sulla ringhiera, scorri con l’onda veloce, anch’io da fermo, in piedi scorrevo veloce,
E proprio come tu guardi gli innumerevoli alberi delle navi, e i fumaioli corti e larghi dei vaporetti, così li ho guardati anch’io.
Anch’io molte e molte volte ho attraversato il fiume, con il sole alto sull’orizzonte ancora per mezz’ora,
Ho osservato i gabbiani di dicembre, li ho visti alti nel cielo fluttuare con ali immobili e corpi oscillanti,
Ho visto dell’oro brillante illuminare parte dei loro corpi, lasciando il resto nell’ombra più nera,
Ho visto i loro lenti cerchi roteanti e il progressivo spostarsi verso sud.
Ho visto anche il riflesso del cielo d’estate nell’acqua.
Con gli occhi abbagliati dalle scie luminose dei raggi,
Ho visto i bei raggi centrifughi di luce attorno all’ombra del mio capo riflesso nell’acqua illuminata dal sole,
Ho visto la nebbia sulle colline a sud e a sud est,
Ho visto il vapore che si disperdeva in riccioli violetti,
Ho guardato verso la baia giù in basso per vedere le navi in arrivo,
Le ho viste arrivare, ho visto a bordo quelli che erano vicino a me,
Ho visto le bianche vele delle golette e dei vascelli, ho visto le barche alla fonda,
I marinai al lavoro sulle sartie o a cavalcioni sui pennoni,
Gli alberi tondi, il lento rollio degli scafi, gli affusolati pennoni guizzanti,
I vaporetti grandi e piccoli in manovra, i timonieri nella sala di pilotaggio,
La bianca scia al loro passaggio, il rapido fremente mulinare delle ruote,
Bandiere di tutte le nazioni, che venivano ammainate al tramonto,
Le onde frastagliate al crepuscolo, le ciotole scodellate, le creste lucide e spumeggianti,
La distesa lontana sempre più velata, i muri grigi dei magazzini di granito sulle banchine,
Lungo il fiume un gruppo in ombra, il grosso rimorchiatore
fiancheggiato ai due lati da chiatte – la nave del fieno, il barcone in ritardo,
Lungo le rive vicine le fiamme dai fumaioli della fonderia che si levano alte e accecanti nella notte,
E proiettano ombre guizzanti, contrastate da vivide luci rosse e gialle, sui tetti delle case, e giù sugli anfratti delle strade.
Queste e tante altre immagini sono state per me ciò che sono ora per voi,
Mi protendo un attimo per dirtelo – e poi rientro.
Ho molto amato queste città,
Ho molto amato il rapido fiume maestoso,
Gli uomini e le donne che ho visto erano tutti vicino a me,
E altri ancora – altri che si voltano indietro per guardarmi, perché io mi sono proteso in avanti per guardarli,
Arriverà quel tempo, anche se oggi e stanotte io mi fermo qui.
Che c’è dunque fra noi? Come tenere il conto di lustri o secoli fra noi?
Qualunque cosa sia, non serve a nulla – non serve la distanza, e non il luogo.
Anch’io ho vissuto,
Anch’io ho camminato per le vie di Manhattan e mi sono tuffato nelle acque lì intorno;
Anch’io ho sentito strane domande inaspettate agitarsi dentro di me,
Di giorno, fra la folla, a volte calavano su di me,
Di sera tardi, al mio rientro a casa, o quando ero steso sul letto, calavano su di me.
Anch’io ero stato colpito da questa massa sempre allo stato fluido,
Anch’io avevo ricevuto un’identità dal mio corpo,
Ciò che ero, sapevo che dipendeva dal mio corpo, e ciò che sarei stato, sapevo che sarebbe dipeso dal mio corpo.
Non è solo su di te che calano le ombre scure,
L’oscurità stende la sua ombra anche su di me,
La cosa migliore che avevo fatto, mi sembrava ambigua e vana,
I miei pensieri, nobili all’apparenza, non erano invece solo miseri?
Non avrebbe la gente riso di me?
Non sei tu il solo a sapere che significa essere malvagio,
Io sono colui che sapeva cosa voleva dire essere malvagio,
Anch’io ho annodato l’antico nodo della contraddizione,
Ho blaterato, sono arrossito, mi sono offeso, ho mentito, rubato, invidiato,
Ho ingannato, provato rabbia, lussuria, brame ardenti che non ho mai osato confessare,
Sono stato ribelle, vanitoso, avido, superficiale, scaltro, un solitario, un codardo, una persona maligna,
Sono stato lupo, serpe, maiale,
Lo sguardo che inganna, la parola frivola, il desiderio illecito, non mi sono mancati,
Rifiuti, odi, rinvii, viltà, pigrizia, nulla di tutto ciò mi è mancato.
Ma sono stato un vero uomo di Manhattan, libero, disponibile e fiero!
Sono stato chiamato con familiarità da limpide voci sonore di giovani che mi vedevano arrivare o andar via,
Ho sentito le loro braccia al collo, quando mi fermavo o l’abbandono distratto della loro carne contro la mia, quando sedevo,
Ho visto molti che amavo per la strada, o sul ferry o nelle pubbliche assemblee, ma non ho mai rivolto loro la parola,
Ho vissuto la loro stessa vita, lo stesso solito godere, mangiare, dormire,
Ho recitato la parte che ancora caratterizza l’attore o l’attrice,
La stessa vecchia parte, la parte che è come la vogliamo noi grande quanto la vogliamo, o piccola quanto la vogliamo, o sia grande che piccola.
Vengo ancora più vicino a te,
I pensieri che tu hai su di me, anch’io li ho avuti su di te – ci ho pensato con anticipo,
Ho riflettuto a lungo e seriamente su di te, prima ancora che tu fossi nato.
Chi poteva sapere cosa me ne sarebbe venuto?
Chi può sapere che questo non mi piaccia?
Chi può sapere che io non riesca a vederti ora, anche se tu non puoi vedermi?
Non sei solo tu, né solo io,
Non qualche razza, né qualche generazione o qualche secolo,
È che ognuno è venuto, viene o verrà dalla sua debita secrezione, sia ora, che allora o in futuro.
Ogni cosa lo attesta – la più piccola come la più grande,
Un velo inevitabilmente avvolge tutto, e avvolge l’anima temporaneamente.
Ora voglio sapere quale vista potrà mai essere per me più maestosa e spettacolare della mia Manhattan incoronata dagli alberi delle navi, del mio fiume e del mio tramonto, e delle onde frastagliate dalla marea, dei gabbiani che ondeggiano, della barca del fieno al tramonto, delle chiatte ormai al buio,
Voglio sapere quali dèi possono superare questi che mi stringono la mano e con voce che amo mi chiamano subito ad alta voce con i nomi più intimi quando m’avvicino,
Voglio sapere cosa c’è di più misterioso di ciò che mi lega alla donna o all’uomo che mi guarda in faccia,
Che mi fonde ora con te e riversa in te il mio significare.
Noi ci capiamo, allora, non è vero?
Ciò che ti avevo promesso senza neppure dirlo, non l’hai forse accettato?
Ciò che lo studio non può insegnare – ciò che con le prediche non si può ottenere, non è forse ora realizzato?
Ciò che non è stato sollecitato dalla lettura, non scaturisce forse da me, personalmente?
Continua a scorrere, fiume! Cresci con l’alta marea e cala con la bassa marea!
Continuate a guizzare onde con le creste sfrangiate!
Fulgide nubi al tramonto, con il vostro splendore inondate me o gli uomini e le donne delle generazioni dopo di me!
Attraversate da una riva all’altra, innumerevoli folle di passeggeri!
Innalzatevi alberi alti di Manhattan! – Innalzatevi splendide colline di Brooklyn!
Bene per te, orgoglioso, aperto libero uomo di Manhattan!
Pulsa cervello stupito e curioso! Lancia le tue domande e risposte!
Resta in bilico qui e ovunque, soluzione eternamente sospesa!
Singhiozza, arrossisci, menti, ruba tu o io o chiunque dopo di noi!
Guardate occhi avidi d’amore la casa o la strada o l’assemblea pubblica!
Squillate voci di giovani! Con voce sonora e musicale chiamatemi con il mio nome più segreto!
Vivi, vecchia vita! Recita la parte che caratterizza l’attore o l’attrice!
Recita la vecchia parte, che è importante o banale, a seconda di come la si interpreta!
Considera, tu che mi leggi attento, se io non possa, in qualche modo, stare ad osservarti!
Sta saldo, parapetto sul fiume, per reggere chi, sulla nave, pigro ti si appoggia, ma va veloce con la rapida corrente!
Volate, uccelli marini! Volate inclinati o ruotate in ampi cerchi, alti nel cielo!
Rifletti il cielo d’estate, tu acqua e con cura trattienilo, fino a che tutti gli occhi abbassati abbiano il tempo di raccoglierlo!
Irraggiate, sottili lame di luce, dall’ombra della testa mia o di chiunque altro, nelle acque radiose di sole!
Venite navi dalla baia lì sotto! Scivolate su e giù golette con le vele bianche, barche, chiatte!
Siano issate al vento le bandiere di tutte le nazioni e quando è l’ora, ammainate al tramonto!
Alzate le vostre lingue di fuoco, fumaioli delle fonderie! Proiettate ombre scure al cadere della notte! Illuminate di luci rosse e gialle i tetti delle case!
Apparenze, ora e da ora in poi, indicate ciò che realmente siete!
Tu, velo insostituibile, continua ad avvolgere l’anima!
Attorno al mio corpo per me e al tuo per te siano sospesi i nostri aromi più divini!
Prosperate, città! Trasportate le vostre merci, trasportate i vostri spettacoli,1 voi fiumi ampi e navigabili!
Espanditi tu, essere, che sei forse di tutti il più spirituale!
Mantenete il vostro posto voi oggetti, che siete forse di tutti i più duraturi!
Noi scendiamo su di voi e su ogni cosa, e vi catturiamo tutti,
Noi comprendiamo l’anima solo attraverso voi, voi fluidi e solidi attendibili,
Attraverso voi colore, forma, posizione, sublimità,idealità,
Attraverso voi ogni prova, confronto, ogni nostra proposta e decisione.
Avete aspettato, siete sempre in attesa, voi muti splendidi ministri! Voi novizi!
Vi accogliamo con un sentimento alla fine libero e saremo d’ora in poi insaziabili,
Non riuscirete più a nascondervi o a sfuggirci,
Vi usiamo senza mettervi da parte – vi accogliamo per sempre dentro di noi,
Non vi misuriamo – ma vi amiamo – c’è perfezione anche in voi,
Voi recate il vostro contributo all’eternità,
E grande o piccolo, voi recate il vostro contributo all’anima.
1 Sui fiumi americani, specie sul Mississippi, navigavano le show-boats, battelli su cui si allestivano spettacoli teatrali.
Tratto da: Walt Whitman, Foglie d’erba: poesia dell’insurrezione